Marco Travaglio è uno che non le manda certamente a dire. Nonostante la sua collaborazione fissa con la redazione de “L’Unità”, organo di partito degli “agonizzanti” Ds, il giornalista non si pone certo il problema se chi attacca è la stessa persona che, indirettamente, gli dà da mangiare.
Ogni giovedì, durante “Annozero”, tiene una rubrica (ribattezzata quest’anno “Arrivano i mostri”), nella quale finge di ricevere fantomatiche lettere da personaggi più o meno famosi, per sbugiardare, per bocca loro e non sua, i protagonisti degli scandali dei quali si occupa la trasmissione. Lo scorso giovedì è stata la volta del “Venerabile” Licio Gelli, acclarato leader occulto della P2. Tra una verità e l’altra, Travaglio ne ha avute per tutti, inclusi i vertici Ds. Padellaro, direttore de “L’Unità”, questa volta lo ha attaccato, non gradendo la sfrontatezza nel descrivere argomenti delicati come quelli trattati giovedì: “Marco lavora spesso sui tasti del paradosso. Ho paura che questa volta dicesse sul serio. Non sono d’accordo”. E continua: “Non è vero che tutto è fango. Se mettiamo il cappuccio piduista a tutti non facciamo altro che frantumare le nostre speranze”.Pronta la risposta del giornalista (del quale Grillo dice: “Lo vorrei ministro della Giustizia!”), sulle stesse pagine del quotidiano romano: “Nel 1997 ho avuto modo di intervistare il cosiddetto Venerabile a proposito della Bicamerale che allora, sotto la presidenza D’Alema, si adoperava alla riforma costituzionale della giustizia a colpi di bozze Boato” – scrive Travaglio a proposito della sua fantasiosa (neanche tanto, a giudicare dagli argomenti trattati) lettera di Licio Gelli – “Gelli era entusiasta di quelle bozze, tant’è che mi disse: «Dovrebbero darmi il copyright». Poi, fortunatamente, il suo discepolo Silvio fece saltare il banco perché pretendeva ancora di più (cioè, se possibile, di peggio). Quell’intervista m’è tornata in mente quest’estate quando, con la scusa di scongiurare l’entrata in vigore dell’ordinamento giudiziario Castelli, l’Unione ha approvato in fretta e furia l’ordinamento giudiziario Mastella. Che, pur essendo un po’ meno peggio della Castelli (quisquilie), separa di fatto le carriere tra giudici e pm”. Ed ancora: “Ci avevano provato Gelli, Craxi e Berlusconi, a separare le carriere. Invano. L’Unione, con la riforma Mastella, di fatto ci è riuscita. È tanto paradossale immaginare che il Venerabile Licio ne sia felice?”. Probabilmente no. (Giuseppe Colucci per NL)