Venezia – Le denunce delle case discografiche contro la condivisione e il download di materiali protetti da diritto d’autore non si fermano e in una nuova operazione conseguente il Comando provinciale della Guardia di Finanza di Venezia ha coordinato un’operazione ieri in diverse regioni che ha portato alla denuncia di 48 utenti italiani di sistemi peer-to-peer, in particolare di ambienti Direct Connect.
In particolare, nel corso dell’operazione denominata “Musical Box”, le Fiamme Gialle hanno eseguito nel giro di alcuni giorni oltre 50 perquisizioni domiciliari. “Il costante monitoraggio della rete Internet – si legge in una nota diramata dalla GdF – consentiva ai militari del Gruppo tutela Beni e servizi del Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia di individuare alcuni soggetti che attraverso il cosiddetto file sharing condividevano illecitamente con altri utenti milioni di file musicali e video in formato elettronico tutelati dal diritto d’autore”. Ad essere individuati oltre ai singoli utenti anche coloro che sono ritenuti i gestori del network di scambio.
“Con l’unità dedicata monitora queste situazioni – ha confermato a Punto Informatico il Colonnello Pier Luigi Pisano – quando vediamo che un indirizzo IP scarica a raffica centinaia o migliaia di file è chiaro che non si tratta più di un downloader casuale ma di qualcuno che lo fa spesso con altre finalità, anche a fini di lucro”. A venire perseguita in questo caso, dunque, è la condivisione dei file protetti che secondo la Guardia di Finanza integra il reato previsto dall’articolo 171 comma 1 lettera A della legge sul diritto d’autore, laddove punisce chiunque “mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta, o parte di essa”.
All’identità delle persone coinvolte nell’indagine si è giunti come sempre anche in questa occasione partendo dal loro IP. Lo spiega la Guardia di Finanza: “Dai 50 diversi indirizzi IP, grazie anche alla preziosa collaborazione fornita dalla F.P.M. (Federazione contro la pirateria musicale, ente privato che collabora con la Guardia di Finanza a tutela dei diritti d’autore detenuti dalle compagnie discografiche) si è risaliti, tramite i provider, ai nominativi dei soggetti dediti all’illecita attività, ottenendo dalla locale Procura della Repubblica (PM dott. Giovanni Zorzi) altrettanti decreti di perquisizione domiciliare su tutto il territorio nazionale”.
Come di rado accaduto in passato in casi di questo tipo, nel corso di questa operazione, nata per colpire il traffico illecito di musica, sono emersi altri profili di illegalità, in particolare in due casi, dove gli utenti coinvolti sono stati trovati in possesso di contenuti di pornografia infantile, una fattispecie assai più grave e ben diversa dalla violazione del diritto d’autore. In particolare i due soggetti, hanno spiegato gli uomini della Guardia di Finanza, ponevano in condivisione dei video, diramando quindi verso terzi gli abusi in essi ritratti, il che rappresenta un’ulteriore fattispecie di reato oltre al mero possesso.
Ad aggravare ulteriormente la posizione legale di questi due utenti, specifica la nota delle Fiamme Gialle, è il fatto che diffondevano questi video ad un “target” di giovani. “È proprio il sistema di diffusione ed il bacino di utenza tipicamente giovanile – spiegano i finanzieri – a rendere oltremodo insidioso questo tipo di illecito, poiché la violazione del diritto d’autore potrebbe essere in realtà, come è avvenuto in questo caso, uno strumento per catturare in rete adolescenti”. Non si tratta quindi né di mero possesso né di sola condivisione ma anche dell’ipotesi di adescamento e produzione di materiali pedopornografici.
“Quel che abbiamo rilevato nei due casi – ha sottolineato a Punto Informatico il Colonnello Pisano – è un buon numero di file a contenuto pedopornografico. Questo non solo riguarda fattispecie diverse ma è allarmante proprio per il tipo di pubblico che perlopiù frequenta questi nodi di scambio”. L’idea, cioè, è che un utente di giovane età possa non solo trovarsi a scaricare file dai contenuti abusivi ma che “rischi anche di entrare in contatto con questo tipo di persone”.
Nel complesso, la Guardia di Finanza ha impiegato più di 200 agenti nelle operazioni di perquisizione. Come accennato, 46 sono i denunciati per violazione del diritto d’autore e 2 gli utenti denunciati all’autorità giudiziaria per fattispecie ben più pesanti. Andando ai numeri complessivi dell’operazione, il Comando provinciale ha specificato che sono stati sequestrati quasi 2milioni di file audio/video duplicati abusivamente, circa 16mila supporti ottici (sia CD che DVD), 72 PC e 200 hard disk. Nel complesso sono state applicazione le sanzioni previste dalla legge per un importo complessivo di 3,2 milioni di euro.
L’operazione condotta dalla GdF, la prima di questo calibro dopo l’affaire Peppermint, dalle caratteristiche peraltro ben diverse, e il pronunciamento del Garante della privacy sul monitoraggio delle attività P2P, è stata accolta con comprensibile entusiasmo da FIMI, la Federazione dell’industria musicale italiana aderente a Confindustria. Il presidente della Federazione Enzo Mazza, ha dichiarato: “Dopo le recenti azioni contro il sito pirata svedese (Pirate Bay) e contro server che consentivano la diffusione illegale di materiale protetto da diritto d’autore, siamo soddisfatti di questo ulteriore giro di vite che colpisce grandi fornitori di contenuti illeciti”. Una soddisfazione legata al fatto che, secondo FIMI, la pirateria sulla musica che si svolge online, principalmente ma non solo attraverso sistemi di condivisione peer-to-peer, provoca danni che stima in “300 milioni di euro”. Va anche detto che, per quanto riguarda la Baia dei Pirati, dopo il blocco deciso ad agosto all’inizio di ottobre il Tribunale del Riesame di Bergamo ha deciso di rendere nuovamente accessibile agli utenti italiani il sito di The Pirate Bay.
Allo scopo di scoraggiare l'”utenza”, FIMI ha chiosato i commenti all’operazione Musical Box ricordando che “la normativa vigente in Italia in materia di condivisione illegale di materiale protetto da diritto d’autore prevede una multa fino a 2.000 euro e sanzioni amministrative accessorie che possono anche raggiungere svariati milioni di euro (103 euro di sanzione per ogni file illegale). Nel caso venga ravvisato lo scopo di lucro, oltre alle sanzioni amministrative già citate, l’imputato rischia una pena detentiva fino a tre anni di carcere e una multa fino a 15.000 euro”.