Il comma 1 dell’art. 97 della nostra Carta costituzionale sancisce che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Con questo semplice ma efficace comma sono stati scolpiti nell’ordinamento i principi sacrali della macchina pubblica: legalità (corrispondenza dell’attività amministrativa alle prescrizioni di legge); imparzialità (obbligo della P.A. di svolgere l’attività nel pieno rispetto della giustizia); buona amministrazione (obbligo per i funzionari amministrativi, e in genere per tutti gli agenti dell’amministrazione, di svolgere la propria attività secondo le modalità più idonee ed opportune al fine della efficacia, efficienza, speditezza ed economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli); ragionevolezza (l’azione amministrativa, al di là del rispetto delle prescrizioni normative, deve adeguarsi ad un canone di razionalità operativa, sì da evitare decisioni arbitrarie ed irrazionali, in piena adesione ai dati di fatto ed agli interessi emersi nel corso dell’istruttoria ed in coerenza con le premesse ed i criteri fissati dalla stessa P.A.). Ecco, se ritenete che uno o più di tali principi costituzionali siano calpestati da taluni organi della P.A., sappiate che l’art. 60, c. 6, del D. Lgs. 165/2001 attribuisce all’Ispettorato per la funzione pubblica del Dipartimento della Funzione Pubblica del Ministero per la P.A. e l’Innovazione compiti ispettivi di vigilanza sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull’efficacia dell’attività amministrativa, con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, oltre che sull’osservanza delle disposizioni inerenti il controllo dei costi.