Piattaforme di live audio (il business più promettente), milioni di podcast, un proprio assistente vocale ed un mercato pubblicitario dove scorrazzare. Ecco gli obiettivi per la crescita di Spotify nel 2021.
Dichiarazione di guerra
Ha colto di sorpresa la dichiarazione di guerra di Spotify alla Radio, attraverso l’aggressiva campagna AD Studio (“Dimentica la Radio“).
Un’uscita a cui stranamente non ha fatto seguito nessuna sostanziale reazione in termini di controcomunicazione da parte dei broadcaster.
Scarsa consapevolezza del problema o incapacità di affrontarlo?
I conti in tasca a Spotify
Nell’ultimo trimestre 2020 Spotify ha dichiarato ricavi per 2,17 miliardi di euro (+17%), di cui 281 mln da pubblicità. Cioè con un apporto da adv pari a circa il 13% sul complesso.
Nel 4Q 2020 gli utenti della piattaforma di streaming audio on demand (SOD) sono stati 345 mln, di cui 155 premium. Corrispondenti al +27% annuo e al +24% sul periodo omogeno (4Q 2020 vs 4Q 2019).
Le perdite
Certo, perdite operative per 69 mln di euro e perdite nette per 125 mln (che dovrebbero corrispondere ad una perdita annuale tra 200 e 300 mln) non sono un dato positivo. Soprattutto considerato che Spotify ha superato da un bel pezzo la fase di start up.
Il trend degli abbonamenti
Tuttavia, ciò che preoccupa gli analisti finanziari è il calo delle entrate medie per utente (4,26 euro) pari a -8%. Una tendenza destinata ad aumentare, se si considera che solo in mercati particolari ed estremamente diversificati (Australia, Belgio, Svizzera, Bolivia, Perù, Ecuador e Colombia) è stato possibile per Spotify ritoccare i prezzi degli abbonamenti al rialzo. In sostanza, appare non solo difficile che in tutti gli altri mercati i costi degli abbonamenti possano aumentare, ma è, anzi, probabile che diminuiscano ulteriormente.
SVOD o SOD poco cambia: i margini sugli abbonamenti si riducono
Un trend che trova un parallelismo con la corsa al ribasso degli abbonamenti dei servizi di streaming video on demand (SVOD) ed in generale delle formule pay. E che non può essere compensato con la crescita spasmodica degli utenti.
Utenti che pagano sempre meno, costi che aumentano sempre più per potenziare l’infrastruttura
Anche perché più utenti significa anche più costi. Che non sono proporzionali, considerato che i recenti problemi di congestione – che abbiamo visto con DAZN – mostrano come, allo stato dell’evoluzione tecnologica, l’adeguamento della piattaforma oltre certi (grandi) limiti di utenza diventi antieconomica.
Tetto per la crescita
Non stupisce pertanto che diversi player dello streaming video on demand stiano valutando di introdurre un tetto di utenti/abbonati oltre il quale non sarebbe conveniente spingersi. Salvo investire su importanti upgrade strutturali peraltro di ancora dubbia efficacia. Quantomeno per ora.
L’Adv
Di qui, presumibilmente, la decisione di Spotify di convergere velocemente sul mercato pubblicitario. Che, per l’OTT audio, è cresciuto più di quello degli abbonamenti, con un ottimo +29% nel 4Q/2020.
Podcast
In particolare, gli inserzionisti del player si sono mostrati molto interessati alle soluzione podcast. Segmento dove Spotify ha registrato la crescita del 50% degli investitori rispetto al solo 3Q/2020, a fronte di circa 1,8 mln di titoli in catalogo.
Campagna acquisti
Tanto che da tempo il player sta conducendo una vera e propria campagna acquisti serrata sul mercato (è recente l’acquisizione di Megaphone, piattaforma di distribuzione podcast che riunisce publisher e advertiser). D’altra parte, l’OTT ha dichiarato che un sondaggio commissionato ha stimato che 28,2 milioni di americani ascolteranno nel 2021 podcast su Spotify almeno una volta al mese, contro i 28 di Apple.
Live Audio
Ma Spotify è interessata anche al settore dei live audio come dimostra l’acquisto di Betty Labs. Cioè la società che solo sei mesi fa aveva creato Locker Room, un’app sul modello di Clubhouse che permette agli appassionati e agli esperti di parlare in tempo reale di sport. L’obiettivo è evidentemente quello di sfruttare le competenze di Betty Labs per presidiare coi live audio anche i settori di attualità, cultura, politica. E, ovviamente, il core di Spotify: la musica. I live audio sono una forma di comunicazione uditiva social emergente che ha luogo attraverso stanze che possono ospitare gruppi (nel caso di Clubhouse fino a 5.000 persone). L’app, solo audio, ospita stanze virtuali per discussioni dal vivo, con opportunità per le persone di partecipare attraverso la conversazione e l’ascolto.
Programmatic e Direct
Non male (considerato il periodo pandemico) anche le richieste su Spotify di Programmatic e Direct, aumentate rispettivamente del 12% e del 7% sui 12 mesi del 2020 vs 2019.
Gli obiettivi (forse troppo) ambiziosi del 2021
Gli obiettivi 2021 di Spotify sono ambiziosi: ricavi tra 9,01 e 9,41 miliardi (margine lordo tra 23,7 e 25,7%) con un numero di utenti mensili attivi tra 407 e 427 mln, di cui premium in una forbice tra 172 e 184 mln. E un progetto per lanciare un proprio assistente vocale (Hey Spotify) su sistemi IOS e Android. Ma soprattutto su Apple CarPlay e Android Auto.
Come stanno reagendo i broadcaster
Negli USA la reazione dei principali gruppi radiofonici è stata (abbastanza) rapida e diretta.
iHeart
iHeart ha rafforzato pesantemente i propri brand bouquet, sviluppato soluzioni proprietarie (app), aggregato contenuti di altre parti (per ampliare l’offerta) e presidiato le piattaforme terze (in particolare gli smart speaker). E soprattutto sviluppato enormemente (ancorché comunque in colpevole ritardo) il mercato dei podcast.
Entercom
Entercom, il secondo gruppo radiofonico USA, è andato addirittura oltre, cambiando nome, dopo 50 anni, in Audacy. E dichiarando, prima nel nome che nel fatto, la volontà di superare il concetto di Radio a favore di quello più ampio di Audio. Anche qui, nella direzione del podcast.
In Europa
In Europa, al di fuori di qualche iniziativa della BBC e di una tendenza in nuce di Sky (ancora da verificare), si registra una scarsissima sensibilità verso l’Audio, rimanendo i broadcaster ancora eccessivamente radicati al modello Radio.
Nulla di veramente rilevante proviene nemmeno da Germania, Francia e paesi nordici. Il mercato radiofonico europeo, che già non sembrava particolarmente reattivo prima del Covid-19, con la pandemia si è completamente fermato.
In Italia
Nel nostro paese la situazione è ancora più arretrata. Gli esperimenti di brand bouquet tentati in qualche caso anche in grande stile (ma con scarsa progettualità) non hanno nemmeno superato l’indifferenza del mercato.
Mancata visione
Il podcasting è spesso ancora interpretato dagli editori come catch up radio ed in generale il digital audio è relegato ai piani inferiori delle proposte pubblicitarie. Per non parlare del live radio, che, se conosciuti, sono visti come un surrogato dalle scarse prospettive di sopravvivenza del live radiofonico.
Humus per la crescita
Chiaro, quindi, che un humus di questo tipo non possa che essere favorevole alle necessità contingenti per la crescita di Spotify. (M.L. per NL)