L’abbiamo letto ormai ovunque: la grande perdita di abbonati di Netflix nel primo trimestre 2022 ha causato un tonfo nel valore della società in borsa, crollata del 35,12% in una sola notte.
Una domanda ce la siamo posta subito: davvero un -0,09% è una grande perdita?
In ogni caso, al di là del caso specifico, sembra che la bolla speculativa degli SVOD potrebbe aver iniziato a sgonfiarsi.
I numeri
Cominciamo col dire che di grande perdita non si tratta.
Un calo di 200.000 abbonati su una base di 221.800.000 è pari a -0,09%, decisamente un’inezia. Tuttavia, proviamo a mettere le cose in prospettiva.
Effetto covid? Maybe not
Utilizzando i dati di Statista, visibili nella tabella a sinistra, abbiamo elaborato un grafico che vede nella linea solida la rappresentazione della progressione degli abbonati nel periodo Q1 2013-Q4 2021 e in quella trasparente la regressione polinomiale ottenuta fermandoci al dicembre 2019 ed estrapolando i dati suvvessivi.
Non fatevi ingannare
I numeri seguenti, in rosso, sono relativi al periodo del lock-down e in effetti il motivo della regressione è di capire se davvero il Covid aveva causato un aumento anomalo degli abbonati. A nostro avviso la risposta è no, ma per non essere troppo contrarian invitiamo i lettori a farsi un’idea personale analizzando i dati.
Titolo Netflix
Possiamo ora paragonare la progressione del numero degli abbonati con quella del valore del titolo Netflix (potrebbe sembrare “mele con pere”, ma i due dati sono correlati, come vedremo), relativamente al periodo 2013-2022.
Mele e pere
Passando da 34,4 a 221,84 milioni, i “subscribers” sono aumentati del 655%. Se ci limitiamo ad analizzare l’andamento del titolo dal 2013 a fine 2021 (dunque prima del crollo) notiamo una crescita da 30,85 a 620,4 dollari/azione, pari a un incremento del 2011,0%. Ma se teniamo conto del crollo di aprile, che ha portato il valore della società a 226,2 dollari/azione, otteniamo una crescita paria al 733%.
Fine della bolla speculativa
Colpisce come questo crollo abbia allineato in modo quasi perfetto la percentuale di crescita del numero degli abbonati con quella del valore della società (+655% vs +733%) , il che ci porta a concludere che precedentemente Netflix fosse – come si usa dire – “in bolla” (e che probabilmente Warren Buffet – persona attenta ai fondamentali e non alle speculazioni – non abbia perso ieri neppure un dollaro).
E gli altri?
Mors tua, vita mea? Neppure per sogno: ben lontani da guadagnare dalle sfortune di Netflix anche gli altri OTT hanno visto un aggiustamento, con Walt Disney che ha perso il 5%, Warner Bros Discovery il 5,7% e Paramount oltre il 10%. Perfino Roku ha subito il colpo (di Netflix), perdendo ieri il 4,3% del suo valore.
Caccia agli evasori
Mentre gli analisti si stanno sbizzarrendo in numerose analisi (la più singolare quella che equipara Netflix al vecchio mondo dei packages stile Sky), più interessante ci pare l’analisi delle contromisure che dovrebbero essere prese dalla società. La prima ci ricorda la famosa “caccia agli evasori” con cui i governi italiani reiteratamente promettono di poter raddrizzare i bilanci pubblici.
Caccia alle password (condivise)
In questo caso si tratta di caccia alla condivisione delle password, pratica che secondo le stime della società è utilizzata da circa 100 milioni di “abbonati” (come dire uno su due).
Pubblicità
La seconda – più interessante – riprende l’idea di Disney: creare un nuovo piano di abbonamento più economico ma supportato dalla pubblicità. Questa la dichiarazione in merito del co-CEO Reed Hastings: “Tutti coloro che seguono Netflix sanno che sono stato sempre contrario alla complessità indotta dalla pubblicità e un grande sostenitore del modello ad abbonamento. Ma sono ancora più sostenitore della possibilità di scelta: chi vuole un prezzo più basso ed è disposto a tollerare l’advertising ha diritto a un’offerta ad-hoc“.
Forecast
Ai lettori più attenti non sarà sfuggita l’ultima riga della prima tabella pubblicata all’inizio dell’articolo. Si tratta del dato previsionale relativo al numero di abbonati a fine giugno 2022, stimati a 219,6 milioni con un’ulteriore diminuzione dello 0,90% (dieci volte superiore a quella odierna).
Underpromise…
Sbaglieremo, ma, rimanendo nell’alveo della bolla speculativa, ci sembra la classica mossa “underpromise, overdeliver”, fatta per mettersi nella posizione di poter presentare tra qualche mese risultati “superiori alle aspettative” e far riprendere la progressione del titolo. Appuntamento per una verifica ai primi di luglio. (M.H.B. per NL)