La singola applicazione che nel mondo genera più “downstream internet traffic” (traffico di dati in ricezione da parte degli utenti finali) è Netflix. Con questa affermazione, formalmente neutra ma sottilmente critica (in fondo si tratta solo di intrattenimento), si apre il Sandvine report relativo al 2022.
Proviamo a dare un’occhiata a questo e altri interessanti indicatori e cerchiamo di capire insieme se la cosa è davvero cosi inaspettata e se può divenire un argomento utilizzato dalle Telco per giustificare futuri aumenti delle tariffe.
Sandvine Report – I dati
Iniziamo pero’ da un grafico che ci lascia perplessi. Si tratta dell’aumento globale del traffico dati globale ripartito per applicazione (YouTube, Netflix, TitTok ecc) prima, durante dopo la pandemia. Il dato sembra essere in qualche modo qualitativo più che quantitativo, o forse Sandvine ha commesso un errore.
Impressionante
Per rendere il grafico più impressionante viene infatti utilizzato il consueto trucco di porre l’origine non allo zero ma più in alto: solo che in questo caso sull’asse viene trascritto un dato oggettivo, il “Volume in TB” e questo parte da zero. Come dire che – ad esempio – a fine 2019 nel mondo nessuno utilizzava YouTube o Netflix (traffico = 0 TB).
Reality Check
A titolo di verifica possiamo prendere un indicatore da noi già utilizzato, il dati che transitano dal peering point MIX di Milano. Il grafico qui riportato, relativo al 2022, indica a una media nell’ultimo trimestre di circa 1.6 Tb/secondo, mentre lo stesso grafico relativo al 2020 riportava una media di circa 1 Tb/secondo: un grande aumento, ma certamente nel 2020 il traffico non era pari a zero.
Aumenti tra il 20 e il 50%
In ogni caso, nell’illustrare la chart lo studio afferma “fixed broadband increases ranged from about 20% to 50%, and mobile increases ranged from about 15% to 35%“.
Come da noi
Dato consistente dunque con quanto da noi rilevato per l’Italia.
Traffico per brand
Passiamo a informazioni più interessanti. Si tratta della ripartizione del traffico tra Google, Netflix, Facebook ecc.
Pari merito
Osserviamo come Netflix e YouTube (per l’esattezza, tutti i servizi Google di cui quello video è ovviamente il maggior contributore) sono quasi a pari merito, una buona posizione è mantenuta da Amazon, mentre in questa rappresentazione non compare né Disney+ né alcun altro “nuovo” OTT.
La pagellina
In nostro aiuto viene invece uno studio di Statista, riportato nell’immagine a corredo del titolo, dove leggiamo questi numeri: Netflix guida la classifica dei “consumatori di banda” con 14.9% del totale, seguita da YouTube (11.6%), altri Quic (si veda più oltre), Disney+ con il 4,5 % e Prime Video con 2.9%.
Disomogeneità
Ricordiamo che non necessariamente queste cifre sono proporzionali al numero di abbonati a questi servizi, in quanto algoritmi e strategie di codifica non sono omogenee (if anything, Netflix ottimizza più degli altri).
Traffico per applicazione
Interessante anche la tabella relativa ai consumi per tipologia di applicazione. Il video in generale batte tutti con un 65,9%, mentre con nostra meraviglia il “Social Networking” pare rappresentare solo il 5,26% del totale.
Spiegazione
L’unica spiegazione che ci viene in mente è che i video embedded in queste app (Reels di Instagram, TikToks ecc) non vengano categorizzati – appunto – come social networking.
TikTok, 1.2 miliardi di utenti
Non desta meraviglia che la stella nascente risulti essere TikTok. Per capire l’attuale numero di utenti abbiamo chiesto a Bing/AI “Given that in 2022 20.83% of the population used Tiktok and that at that time there were 4.8 billions internet users worldwide, and that today there are 5.07 billion internet users, how may users TikTok has considering its historical growth of a 15% on the user base year over year?“.
Risultato
Dovrebbero essere ormai oltre 1,2 miliardi gli utenti dell’applicazione cinese. Attendiamo il report relativo al 2023 per capire se il traffico dati da questa generato sia incrementale o se semplicemente TikTok stia mangiando fette della torta precedentemente esclusiva di Meta.
UHD (4K)
Un capitolo speciale è dedicato da Sandvine all’impatto dei video in 4K (e, aggiungiamo noi, soprattutto di quelli in DolbyVision o HDR, considerato l’utilizzo di 10 bit per pixel al posto di 8). La quantità di bit consumati per godersi Lidia Poet alla sua massima qualità viene stimato circa doppio rispetto a quella di una fruizione HD, per un totale di quasi 7 Gbyte per ora di visione (utilizzando gli “almeno” 15 Mbps raccomandati da Netflix si ottiene infatti ((15Mbps * 3600 s)) / 8 bit/byte / 1000 = 6.75 Gbyte).
Protocollo QUIC
Lodevolmente il documento dedica una pagina al protocollo QUIC, utilizzato da YouTube, Instagram. Facebook, Facetime ma non da Netflix (Amazon e Disney non pervenute).
Scopo nobile
Uno dei suoi scopi più nobili, di cui abbiamo spesso parlato, risulta quello di permetterci di sapere in prima persona dal nostro schermo quando un’azione (calcistica) termina con un goal e non tramite le urla scomposte dei vicini tifosi (fermi al satellite o addirittura alla TV digitale terrestre).
Riduzione latenza
In pratica, la riduzione della latenza.
Niente video-over-http
Si tratta, dunque, dell’approccio opposto a quello del video (o audio) tramite pacchetti http standard, tanto osannato da molti.
UDP e TCP
Qui si preferisce il trasporto tramite (il quasi dimenticato) UDP, traendo inoltre vantaggio dalla natura inerentemente parallela dell HTTP/2 (multiplexata) e senza le perdite di tempo dovute al controllo degli errori del TCP. Il tutto è sintetizzato dai due stack rappresentati qui sopra.
Punto di flessione
Tutte queste considerazioni portano Sandvine a concludere che le Telco sono arrivate a un “inflection point”: mettendo assieme 5G, metaverso, IoT, AI e tutte le altre belle sigle che conosciamo si arriva a suggerire che i prezzi per i consumatori dovranno aumentare.
Fame di banda
L’incessante fame di banda, unita al decrescente ARPU (ricavo medio per utente per mese, stimato a pagina 21 come in discesa da 7.48 a 7.16 euro nel periodo 2022-2027) renderà le telco più propense ad aumentare i costi per i clienti (non sappiamo se utenza finale, OTT o entrambi, tutti comunque rei di usare troppo il servizio per cui pagano l’abbonamento).
Niente di nuovo
In conclusione, il fatto che l’OTT con la maggior quota di mercato utilizzi più banda dei concorrenti, e molta più dei servizi tradizionali, è interessante ma ampiamente prevedibile: ricordiamo infatti come, già ai tempi della TV analogica, il PAL – con i suoi 6/8 MHz di banda per canale – consumava risorse equivalenti a circa 30 stazioni FM o addirittura 600 “talk radio” AM.
Confronto poco sensato
Dunque il confronto con servizi non video ha poco senso.
Considerazioni
Comprensibile l’ipotesi di Sandvine che le Telco vogliano ripartire sui principali utilizzatori i propri costi, ma ci resta il dubbio di quale sia la misura nella quale questi siano davvero variabili in funzione del traffico.
Billing
O, in altre parole, se le possibili politiche di proporzionalità dei costi all’uso, facilmente implementabili tramite i sistemi di billing, siano poi giustificate da reali costi variabili.
Tassametro
Non vorremmo tornare ad una versione aggiornata dell’incomprensibile tassametro sulle vetture, quello la cui lettura deve tutt’ora essere un atto di fede. Fortuna che c’e’ Iliad. (M.H.B. per NL)