Se ne parlava già da tempo ormai: le interruzioni pubblicitarie stanno per entrare negli abbonamenti degli OTT.
Nonostante la data di arrivo (almeno ipotetica) sempre più vicina, ancora di certezze ce ne sono poche. Anzi, anche lo svod più famoso al mondo continua a dichiarare poco e a smentire rumors e indiscrezioni. A quanto pare, però, Netflix ha intenzione di limitare parecchio le possibilità di fruizione per chi sottoscrive un abbonamento con adv integrato. Come se la presenza stessa della pubblicità non fosse già un fattore limitante di per sé.
Rumors e fatti sul futuro di Netflix
Dopo i rumors delle scorse settimane sui nuovi abbonamenti, arrivano ulteriori rivelazioni sul futuro delle sottoscrizioni di casa Netflix. Se infatti l’integrazione di pubblicità all’interno dei contenuti della piattaforma era un fatto ormai certo da tempo, sulle modalità di questo nuovo sistema non si era ancora fatta particolare chiarezza.
Smentite e conferme
Ad oggi, però, non tutte le informazioni sono certe e confermate. Anzi: la società ha già smentito l’ipotesi dei costi, avanzata in un articolo di Bloomberg. In quel caso, si parlava di un prezzo mensile pari a circa la metà di un abbonamento standard.
Metà del prezzo, metà del catalogo
Nonostante la presenza della pubblicità, però, sembrerebbe che la riduzione di prezzo comporti anche quella della modalità di fruizione della piattaforma. Agli abbonati a questa soluzione, infatti, non sarà possibile scaricare i contenuti per fruirne in modalità offline.
Solo Netflix
Inoltre, le limitazioni riguarderanno anche il catalogo del bouquet. In questo caso, però, almeno sulla carta, la scelta non dovrebbe essere dettata da una questione di costi, quanto di diritti. Infatti, l’inserimento della pubblicità in contenuti non autoprodotti, comporterebbe una revisione degli accordi presi con i detentori del copyright delle produzioni. Pertanto, gli utenti potranno fruire solo degli original di Netflix.
Basse rotazioni
Allo stesso tempo, però, la società di Reed Hastings dovrebbe imporre un limite di spesa annuo per ogni investitore a 20 milioni di dollari. Lo scopo di questa linea è prevenire che uno stesso spot venga ripetuto troppe volte rispetto ad altri.
Netflix sul podio delle spese adv
A proposito di numeri, l’OTT sarebbe anche intenzionato a vendere i propri spazi a prezzi di fascia alta. Nella fattispecie, Netflix immagina di poter incassare una cifra che si aggira intorno ai 65 dollari per ogni migliaio di spettatori raggiunti, diventando così la piattaforma più cara su cui fare pubblicità.
Il gioco non vale la candela
A conti fatti, dunque, la forte riduzione di prezzo ipotizzata per questo tipo di abbonamento, nonostante la presenza di interruzioni pubblicitarie, sembra fin troppo controbilanciata in negativo dalle altre limitazioni. La più pesante è sicuramente quella legata al catalogo.
Tempo di investimenti?
Infatti, sebbene Netflix abbia, nel tempo, prodotto serie e film di grandissimo successo, non riesce ancora ad assicurare uno standard di qualità costante, come testimoniano tante altre produzioni passate più che in secondo piano. Potrebbe dunque essere arrivato il momento di seguire l’esempio di concorrenti come Amazon Prime e investire sull’acquisto di studios importanti e relativi cataloghi. (A.M. per NL)