Di fronte agli accertamenti del Fisco che hanno visto coinvolto il gruppo Meta negli ultimi anni, il colosso che controlla i social network Facebook e Instagram, nonché le chat Messenger e WhatsApp sembra essersi finalmente deciso che l’unica strada percorribile sia quella della trasparenza.
Ricavi dichiarati in Italia
E così, di anno in anno, Facebook Italia ha deciso di far emergere il fatturato reale. Passando dal 2014, anno in cui la filiale italiana aveva dichiarato un ricavato di appena 6,3 milioni di euro, divenuti 7,5 milioni l’anno successivo; incrementati ulteriormente nel 2016 e 2017, rispettivamente a 9,38 milioni di euro e 11 milioni di euro.
L’escalation notevole del ricavato
E così via, una escalation notevole del ricavato del gruppo guidato dal country manager Luca Colombo, che soprattutto negli ultimissimi anni ha raggiunto cifre da capogiro (se si considera quanto dichiarato nei precedenti esercizi). Nel 2019, ad esempio, come riporta Italia Oggi, Facebook Italia ha segnalato 129,9 milioni di euro di ricavi.
2022 anno record
Nel 2022 il valore della produzione ha toccato circa 411 milioni di euro (con un incremento del 17,9% rispetto all’anno precedente).
Ma le stime parlano di un miliardo
Anche se le stime, per quanto riguarda Facebook Italia, parlano di ricavi di circa un miliardo di euro.
Più trasparenza
È chiaro, dunque, che l’OTT stia cercando di aggiustare il tiro, mostrandosi decisamente più trasparente nel dichiarare il fatturato rispetto alle gestioni passate in cui gli introiti derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari venivano, invece, fatti transitare in altri paesi, come l’Irlanda, per esempio. Un modello di business e un sistema di fatturazione già visti e sposati dalle grandi big tech e multinazionali, che da sempre prediligono paesi a fiscalità privilegiata.
Guai con il Fisco italiano
Probabilmente le recenti vicende con il Fisco italiano hanno costituito un monito prezioso per il gruppo Meta.
La transazione con l’Agenzia delle Entrate nel 2018
Ricordiamo infatti che nel 2018 Facebook Italia, per mettersi in regola con l’Erario, aveva definito un accordo con l’Agenzia delle Entrate aderendo all’accertamento condotto da quest’ultimo istituto per chiudere la controversia afferente alle indagini fiscali della Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relativamente al periodo ricompreso tra il 2010 e il 2016.
Oltre 100 mln di euro pari al totale delle imposte non versate
Allora la transazione si era conclusa con un esborso di oltre 100 milioni di euro da parte della filiale italiana, corrispondente al totale delle imposte non versate e delle relative sanzioni che erano state comminate in forza di tale inchiesta.
Proseguono le indagini del Fisco
Tutto a posto, quindi? Non si direbbe. Meta, infatti, sarebbe finita nuovamente nel mirino delle Fiamme Gialle per una possibile evasione fiscale riguardante l’imposta sul valore aggiunto per i periodi d’imposta 2015 – 2021. L’indagine, che ha coinvolto anche la società Facebook, è stata avviata a seguito di una denuncia presentata dalla Direzione regionale delle Entrate di Milano per verificare se l’azienda avesse evaso l’IVA sulla pubblicità online.
Seguono a ruota tutti gli altri OTT
Facebook Italia rimane sotto l’occhio vigile delle autorità nazionali, che comunque negli anni non hanno risparmiato gli altri grandi big del web. Google ha patteggiato col Fisco per una somma di 306 milioni di euro nel 2017; Apple, invece, appena due anni prima ha versato 318 milioni per chiudere le tutte le pendenze.
E alla fine c’è Netflix
Alla lista non poteva mancare Netflix, che ha recentemente chiuso i conti col Fisco versando in unica soluzione circa 56 milioni di euro a titolo di imposte, sanzioni e interessi per il periodo 2015-2019.
Primo caso mondiale di stabile organizzazione occulta
Il caso Netflix ha suscitato particolare interesse, poiché, a differenza di tutte le altre indagini fiscali condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza e dalla Direzione Regionale Lombardia dell’Agenzia delle Entrate ha rappresentato per la Procura milanese “il primo caso a livello mondiale, in cui viene ipotizzata l’esistenza di una stabile organizzazione occulta di una società estera operante nella Digital Economy, completamente priva di personale e caratterizzata esclusivamente da una struttura tecnologica avanzata”, come ha riportato il quotidiano Il Sole 24 Ore. (G.S. per NL)