La Francia ha da sempre un occhio particolare per quanto riguarda i propri prodotti nazionali e la cultura non è certo da meno. Infatti, già da tempo, il paese ha adottato misure di tutela e promozione del settore, anche adattandosi ai tempi che cambiano. Come nel caso, più recente, delle imposte su misura per gli OTT video, naturale evoluzione di quelle degli anni ’90, pensate per VHS e DVD allo scopo di preservare il comparto cinematografico francese. Seguendo lo stesso principio, sei deputati del partito Nouvelle union Populaire Écologique et Sociale hanno avanzato la proposta di estendere il meccanismo anche ai servizi di streaming musicale: una tassa dell’1,5% che potrebbe andare a finanziare l’attività del Cnm (Centre National de la Musique). Ma il provvedimento suscita alcune perplessità, soprattutto per quanto riguarda i costi degli abbonamenti, che potrebbero aumentare per ammortizzare la nuova spesa.
Tassa ad hoc
Dal prossimo anno, precisamente dal 1° gennaio, in Francia potrebbe compiere il proprio debutto una tassa ad hoc per i servizi musicali in streaming. Alla base della proposta, non la ben nota battaglia dei governi contro l’elusione del fisco da parte degli OTT, ma la volontà di investire nella cultura.
La tassa sul video
La Francia, infatti, è da anni impegnata nello sviluppo e applicazione di politiche che promuovano e tutelino la cultura nazionale, in ogni sua forma. Già dagli anni ’90, infatti, nel paese era stata introdotta una tassa sulle VHS, in seguito estesa ai DVD, al fine di preservare il settore locale.
Tutti devono contribuire
Il principio alla base è semplice: un attore straniero che porti i propri contenuti in Francia, deve, in qualche modo, comunque contribuire allo sviluppo della cultura francese. Il metodo migliore è stato quello, appunto, di creare una tassa specifica, in modo da non creare dislivelli tra i player stranieri e il settore interno.
Dal video all’audio
La tassa è stata poi, ovviamente, estesa anche agli svod e ora, seguendo il medesimo principio, viene proposta allo stesso modo per i servizi omologhi in campo musicale (N.B. non audio). Per quanto riguarda Spotify & Co., il peso dell’imposta sarebbe pari all’1,5% degli introiti degli OTT.
Difficile stima
Questione, questa, che apre subito un interrogativo su come questi introiti possano essere calcolati, vista la scarsa propensione delle big tech a dichiarare gli incassi nelle filiali locali. Come visto, tra l’altro, proprio con Spotify, che ha chiuso il 2021 in Italia con un bilancio non meno che sospetto.
Una tassa per il Cnm
Ad ogni modo, la proposta di legge, se approvata, dovrebbe andare a finanziare le attività del Centre National de la Musique. Nato nel 2020, il centro dipende dal Ministero della cultura francese e si occupa di sostenere gli artisti nazionali, promuovendone anche l’export.
Rischio per i consumatori?
In caso di fumata bianca per la nuova tassa, però, non è ben chiaro quale potrebbe essere la reazione degli OTT interessati. Infatti, c’è il serio timore che i player decidano per un innalzamento dei prezzi degli abbonamenti, andando così a danneggiare i consumatori. (A.M. per NL)