"Da giorni appare sul sito della Federazione nazionale della stampa un comunicato insultante per la verità e gravemente offensivo per l’Odg".
Inizia così una nota dell’Ordine dei giornalisti verso l’iniziativa di protesta della Federazione Nazionale della Stampa Italiana. "L’Ordine, in spirito di collaborazione, ha segnalato l’accaduto ai massimi livelli della Fnsi, sperando si trattasse dell’ennesima improvvida iniziativa di un qualche dipendente o della conclamata ostilità di un qualche dirigente", continua il comunicato. Ma il documento della FNSI, che contiene una proposta che secondo l’OdG "contraddice impegni pubblici dello stesso sindacato, già in altre occasioni contraddetti", resta lì. Esso riguarda una assemblea tenuta in Sicilia, presieduta da Gigi Ronsisvalle e Daniela Stigliano, vice segretari della FNSI, che si è conclusa con la diffusione di un comunicato, distribuito a tutti gli organi di informazione dell’isola, e che appare anche sul sito dell’Assostampa siciliana (www.assostampasicilia.it ). Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, perdurando il silenzio della FNSI, ha ritenuto doverose alcune considerazioni. “Se non venisse direttamente dal vertice del sindacato dei giornalisti, la FNSI, la proposta sarebbe considerata rozza o naif. Invece, proprio i vice segretari Luigi Ronsisvalle e Daniela Stigliano immaginano che l’Ordine dei giornalisti debba sospendere l’organizzazione degli esami professionali perché i colleghi stanno diventando troppi e il precariato aumenta a dismisura. E questo indica quanta poca capacità di analisi riposi fra i leader della categoria e, dunque, quanto poco incisive risultino le strategie adottate per superare le difficoltà. Chiudere con gli esami significa che non avranno il riconoscimento d’ufficio colleghi che da anni – e qualche volta da decenni – svolgono un lavoro a tempo pieno nelle redazioni senza che i comitati di redazione (cioè il sindacato) siano stati nelle condizioni di affrontare il problema per abbozzare una soluzione. Cornuti e mazziati: questi ragazzi – diventati signori e padri di famiglia – non godrebbero delle garanzie contrattuali che la Fnsi ha il dovere di assicurare loro, ma non potrebbero aspirare nemmeno allo status “di diritto” che si sono conquistati sul campo. Eliminare il percorso universitario significa, invece, contraddire il dibattito che la categoria ha sviluppato negli ultimi venti anni. Una scuola che preceda l’ingresso nella professione e una solida preparazione scientifica sono stati considerati la condizione indispensabile per poter praticare il mondo dell’informazione, in costante e, qualche volta, caotica evoluzione, dominato da questioni anche lessicalmente complicate. Lo studio e la conoscenza – si è ripetuto fino alla noia – diventano patrimonio irrinunciabile per “leggere” le vicende del mondo ed essere nelle condizioni di raccontarle. Ancora nell’ultimo dibattito che si è sviluppato a Positano per la definizione di una proposta di modifica legislativa delle legge istitutiva dell’Ordine si è lungamente insistito sul fatto che l’accesso accademico doveva essere l’unico. Dunque, la proposta del sindacato otterrebbe il solo risultato di impoverire la categoria dal punto di vista culturale e di negare a una buona fetta di precariato anche il riconoscimento del lavoro praticato in precedenza. I giornalisti diventerebbero una super casta, chiusa al proprio interno, con confini ben delimitati e difesi da bunker poderosi, impermeabile al mondo esterno e sorda ai richiami della cosiddetta società civile perché “siamo troppi” e dobbiamo difenderci. Il giornalismo diventerebbe una piccola chiesa dove a cantare messa sarebbero soltanto i sacerdoti già investiti di ordine divino. Soluzioni ridicole, prima ancora che impraticabili. La verità è che i vertici FNSI, rilevando la gravità di una questione che, davvero, sta diventando esplosiva, si scaricano la coscienza, addossando ad altri responsabilità che sono soltanto loro. Nelle redazioni, andrebbe stroncato il ricorso allo sfruttamento delle legittime ambizioni di tanti giovani che finiscono per consegnarsi mani e piedi ai pochi scrupoli di troppi editori. Ma questa attività di contrasto è il primo compito dell’attività sindacale. Il lavoro nelle redazioni deve essere regolamentato e retribuito correttamente, ma l’uno e l’altro risultato devono essere assicurati dalle strutture di cui la FNSI dispone in ogni testata. Nel contratto, non è stato immaginato nulla per figure professionali che operano da free lance: non un minimo di stabilità occupazionale e nessuna certezza economica. Il contratto si è limitato a prevedere un mega-esodo di giornalisti che risultavano assunti “a tempo indeterminato” in modo che, per ognuno che lascia un posto di lavoro sicuro, possa subentrare una dozzina di precari con retribuzioni ignobili e le garanzie di cui dispongono i malati terminali”.