La società Microsoft aveva cominciato a dichiarargli guerra almeno un paio di anni fa, dichiarando di essere stata derubata di almeno 235 brevetti e di voler ricorrere alla legge, per far pagare le relative royalties, a tutti coloro che avessero usato programmi sotto licenza Gpl (General Public License, la licenza per i software liberi, il cui testo è reperibile, anche tradotto in italiano, su Wikipedia, ndr). Poi si era aggiunta anche Apple, a gran voce, insistendo sulla necessità di una maggiore protezione dei propri brevetti e tentando, con i colleghi di Microsoft, di convincere il parlamento europeo ad estendere i regolamenti in materia, vigenti negli Stati Uniti. Ora, al contrario, Bill Gates (foto) e Steve Jobs sembrano volersi convertire all’open source, forse perché consapevoli della sua inevitabile diffusione e di come, la tipologia di licenza sopra citata, si stia imponendo come unione futura (e si parla di un futuro decisamente prossimo) tra comunità e mercato. Ai due si è aggiunto anche il magnate Rupert Murdoch, personaggio solo in apparenza lontano dall’informatica: il proprietario di MySpace ha infatti dichiarato, con il supporto dell’amministratore delegato Chris DeWolfe, che il suo social network (il più esteso e diffuso al mondo) consentirà presto un accesso a sviluppatori esterni con l’obiettivo evidente di diventare open source e di contrastare il successo del rivale Facebook. Tra le novità del social network vanno considerati anche i recenti accordi con Sony Bmg e Skype: l’obiettivo è quello di permettere chiamate gratuite tra gli utenti iscritti di MySpace e, in base ad un’intesa sulle licenze musicali, dividere i ricavi pubblicitari con una delle più note major dell’industria musicale al mondo.
Arrendersi alle licenze dell’open source sembra ormai inevitabile; anche Google ne ha dato dimostrazione, promuovendo, nei giorni scorsi, un ambiente free, analogo, per device mobili, creando giustificate preoccupazioni tra gli operatori di telefonia di tutto il mondo. (Marco Menoncello per NL)