L’Unione Europea darà il via libera per l’approdo di Sky sul digitale terrestre, con un anno d’anticipo rispetto a quanto deciso nel marzo 2003, quando aveva preso atto dell’impegno di Murdoch a star fuori da piattaforme diverse dal sat a fronte dell’ok alla fusione delle pay tv Stream e Telepiù.
All’epoca, infatti, data la particolare condizione di quasi-monopolista della controllata italiana di News Corp (Sky, ancora oggi, in Italia, controlla oltre il 90% del mercato satellitare), l’Unione Europea aveva posto dei paletti che dovevano impedire all’azienda di fare il suo ingresso nel mercato del digitale terrestre in contemporanea con gli altri operatori, bruciandoli sul nascere con la sua potenza ed esperienza. Quindi il filo spinato dell’Unione Europea era finalizzato a favorire lo sviluppo di nuovi soggetti ed evitare derive monopolistiche. Ora però il Commissario Antitrust Almunia e la Commissione Europea, al termine di consultazioni pubbliche ed incontri con gli operatori concorrenti, avrebbero deciso di revocare le limitazioni per sopravvenuta mutazione del mercato di riferimento, che, anzi, suggerirebbe un riequilibrio esattamente opposto. Sky, quindi, potrebbe entrare nel digitale da subito (e non a partire dal 2012, come inizialmente deciso). A patto, però, che trasmetta esclusivamente in chiaro, cioè con una tecnologia che non è proprio congeniale a Murdoch, sempre più pay oriented su tutti i fronti. Se così si deciderà, la controllata italiana dell’azienda di Murdoch potrà pertanto partecipare a settembre al bando d’assegnazione delle frequenze del cosiddetto "dividendo", cioè i canali residuati dall’assegnazione preventiva ai broadcaster già attivi (gli attuali o – nelle regioni già switchoffate – ex concessionari). L’aggiudicazione (o l’affitto) di mux per la trasmissione darebbe, come detto, diritto al provider ibrido sat-terra solo a trasmettere programmi in chiaro per un periodo che dovrebbe oscillare tra i 3 e i 5 anni, al termine dei quali i bouquet (che, nel frattempo, dovrebbero aver acquisito un valore d’avviamento, anche grazie alla qualità dell’offerta Sky) potrebbero essere utilizzati per trasmettere con formula pay o (più probabilmente) pay-per-view, giocando quindi alla pari coi concorrenti Mediaset, Rai e Telecom Italia Media (al momento Sky veicola il programma free Cielo sul vettore Rete A del gruppo L’Espresso). Tuttavia, qualora decidesse di partecipare alla gara (come del resto appare scontato), sarà improbabile la presenza di un’offerta Sky che racchiuda sport e cinema, in quanto ciò cannibalizzerebbe il core business satellitare dello Squalo. Nondimeno, in Italia il malcontento per la cancellazione (ancorché mitigata) delle limitazioni imposte a Sky è immediatamente deflagrato tra operatori diretti concorrenti e un governo palesemente sfavorevole alle iniziative tv dell’Australiano. E, ovviamente, in prima linea per frenare la discesa anzitempo di Sky sulla terra vi è il suo principale competitor: la prima azienda televisiva privata nazionale, fondata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Poche settimane fa, Gina Nieri, consigliere d’amministrazione Mediaset, aveva definito "assolutamente scorretta" la possibilità di anticipare l’ingresso di Sky sul mercato. Proprio oggi, invece, Berlusconi Jr (che ha annunciato la possibilità di chiedere i danni a Sky per i diritti pay sui Mondiali di calcio) ha incalzato Murdoch, dichiarando: "Stupisce come fino a qualche anno fa il digitale terrestre sembrasse una trovata per salvare Retequattro, mentre oggi sembra che il più grande colosso editoriale mondiale non possa vivere senza entrare in questo mercato". Berlusconi II° ha poi plaudito la nemica-alleata concessionaria pubblica: "La Rai sta facendo un ottimo lavoro. Noi ci siamo mossi prima ma la tv pubblica, con la mossa di sottrarre i canali di RaiSat a Sky, sta ottenendo buoni risultati e ci fa tanta concorrenza soprattutto sul pubblico giovane". Ma la famiglia Bersluconi non è sola nel fischiare contro l’atterraggio di Murdoch: chi si continua a battere perché la Commissione Europea torni sui suoi passi è Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo economico, con delega alle Comunicazioni, in odore di assurgere al ruolo di ministro dopo le dimissioni del povero Scajola, travolto dallo scandalo immobiliare romano. L’ex editore televisivo locale lombardo continua a negare che si tratti di un contenzioso esistente tra Sky e Mediaset, sostenendo, invece, di fare gli interessi dell’intero mercato italiano del digitale. Del resto, qualche giorno fa, l’irascibile Romani se l’era presa anche con Ballarò, per un servizio andato in onda durante la trasmissione del 27 aprile, a suo avviso "fazioso, dannoso e mistificatorio". "Intendo confutare duramente le gravi falsità della ricostruzione della vicenda fatta durante la trasmissione, pur non entrando nella degenerazione del dibattito in studio successivo – si era letto in una nota del viceministro – Innanzitutto l’impedimento a Sky di trasmettere in digitale terrestre prima del primo gennaio 2012 non si basa su una ‘vecchia norma europea’, né è frutto di una volontà inedita ed arbitraria del Governo, ma di impegni, volti a tutelare la concorrenza del mercato digitale terrestre ed incoraggiare la concorrenza potenziale, presi da Sky con la Commissione europea nel 2003 come condizione necessaria per l’approvazione dell’acquisizione di Telepiù Spa da parte di Newscorp (Sky) e la conseguente concentrazione e posizione di monopolio sul mercato satellitare e pay". Il viceministro, in un recente incontro con il commissario Almunia si era fatto portatore delle preoccupazioni del Governo – che, secondo un editoriale del Financial Times, corrispondono in modo preoccupante con quelle dell’azienda fiore all’occhiello della famiglia del Presidente del Consiglio -, secondo cui lasciare via libera al quasi monopolista del satellite recherebbe svantaggio agli altri operatori e all’idea di favorire l’ingresso sul mercato di nuovi operatori. L’ammissione di Sky, infatti, penalizzerà i tre operatori principali oltre "a 500 tv locali", secondo Romani. "Sarebbe assurdo – aveva chiosato il viceministro – se di questo sacrificio imposto all’intero sistema televisivo del nostro Paese dovesse trarne beneficio gratuitamente (la gara è un beauty contest basato su parametri di solidità di impresa, capacità tecnica, programmazione e presenza sul mercato), non un vero nuovo entrante ma un soggetto forte e ricco, peraltro non europeo (il controllo di Sky è statunitense) monopolista pressoché totale nel nostro mercato satellitare e di circa il 90% in quello della TV a pagamento". Oltre al danno, la beffa: l’andata in onda di una trasmissione Rai che, invece, di sostenere la tesi del governo e fare i propri interessi, si dimentica "la posizione strategica e gli interessi dell’azienda stessa falsificando in maniera così evidente e nociva una vicenda che coinvolge tanto direttamente gli interessi, il ruolo e la presenza sul mercato della Tv di Stato". Evidentemente a Ballarò il piccolo conflitto d’interessi sull’argomento (parlare degli interessi della Rai in una trasmissione Rai) non è pesato più di tanto. (G.M. per NL)