La possibilità di raggiungere i propri target con precisione chirurgica, e all’interno di questi confezionare messaggi ad hoc per ogni singolo individuo: un vero e proprio sogno proibito per chi fa pubblicità.
Un sogno che l’evoluzione delle tecnologie di comunicazione in rete promettono di far diventare realtà. Negli ultimi anni si è fatto largo un nuovo modo di vendere spazi pubblicitari che per i suoi meccanismi peculiari poteva nascere e crescere solamente sul web: si tratta del real time bidding (RTB), ovvero la vendita all’asta in tempo reale degli spazi pubblicitari online. La chiave di tutto è proprio il “tempo reale”: la vendita e la conseguente occupazione dello spazio sulla pagina web, infatti, avviene sotto gli occhi dell’ignaro navigatore, la cui profilazione tramite cookies e/o altri software traccianti costituisce il valore dell’impression messa all’asta. Mentre il browser sta ancora richiedendo la pagina web, offerta e domanda di quel determinato target individualizzato si incontrano sul mercato pubblicitario virtuale costituito dai cosiddetti Ad-exchange, piattaforme software in grado di gestire aste in tempo reale in cui diversi acquirenti si sfidano per aggiudicarsi ogni singolo spazio di advertising nella pagina richiesta. Nel quale, alla fine, il vincitore acquisirà il diritto di visualizzare il proprio messaggio. Tutto il processo avviene in un tempo che va dai 300 ai 500 millisecondi, tanto che l’utente non ha nessuna percezione di ritardo nella visualizzazione della pagina, né tantomeno può immaginare che in quel battito di ciglia i suoi dati di navigazione, le sue preferenze e i suoi interessi sono stati oggetto di una transazione commerciale. Naturalmente, tanto più dettagliati e precisi saranno i dati forniti riguardo al navigatore, tanto più lo spazio acquisterà valore e avrà probabilità di essere venduto a caro prezzo nell’asta. La filosofia alla base del RTB è quindi strettamente legata alle caratteristiche del medium attraverso il quale viene veicolata. Solo l’interattività della rete può infatti permettere lo scambio di informazioni che mette in relazione, attraverso il messaggio pubblicitario, produttore e consumatore in maniera diretta, quasi personale. La tecnologia fa il resto, consentendo, grazie a software sempre più sofisticati e hardware sempre più veloci, di realizzare in un impercettibile intervallo temporale transazioni che nel mondo umano e reale richiederebbero ore o giorni. Da padrone ovviamente la fanno gli algoritmi e i server che permettono di incrociare domanda e offerta garantendo l’affidabilità e la rapidità necessarie. Non per altro Google anche in questo caso ha precorso i tempi, acquistando nel 2007 DoubleClick, affermata società di advertising online che si è di lì a poco trasformata in GoogleAdEx, piattaforma di bidding che ad oggi gestisce centomila richieste di asta al secondo. Ma lo scenario degli AdExchange è ampio, con diversi attori che aspirano a diventare protagonisti di un mercato in rapida espansione: IDC stima che il RTB sia destinato a crescere a livello globale del 59% ogni anno da qui al 2016, arrivando a muovere qualcosa come 13,9 miliardi di dollari di investimenti. Negli USA e in diversi paesi europei la percentuale di pubblicità online venduta con questo sistema ha già raggiunto valori vicini al 30% (In Italia siamo intorno al 6%). Decisivo il recente ingresso nel sistema dei grandi marchi e dei publisher più prestigiosi, il che fa dire a tutti gli analisti che fra una decina d’anni la metà di tutto il display advertising sarà gestito tramite RTB. I vantaggi derivano evidentemente dalla velocità e dall’elevato grado di personalizzazione del messaggio, oltre che dal relativamente basso livello di risorse umane e finanziarie necessario per accedere al sistema. D’altro canto, è proprio l’indebolimento del “lato umano” delle relazioni interpersonali (che sono alla base del modo tradizionale di negoziare gli spazi pubblicitari), nonché la scarsa fiducia nella capacità dei meccanismi automatizzati di selezionare il corretto posizionamento dei messaggi, che ancora produce resistenze tra gli operatori del mercato dell’advertising. Il timore è probabilmente anche quello di perdere il controllo delle operazioni, a tutto vantaggio delle piattaforme di scambio, in mano ai soliti noti over-the-top. Senza contare l’aleatorietà dei risultati insita nel meccanismo delle aste, nonché il ruolo sempre più marginale affidato ai creativi, dato che l’originalità del messaggio viene inevitabilmente messa in secondo piano rispetto alla velocità nel raggiungere l’agognato destinatario. Fra pro e contro da valutare attentamente, ciò che probabilmente farà la differenza a favore del RTB è il suo adattarsi perfettamente al settore mobile, ovvero la capacità di raggiungere tutti quegli utenti che si collegano in rete in modalità frammentata e occasionale tramite i loro smartphone e tablet, con un occhio distratto alla tv. Per non farsi sfuggire questo pubblico nomadico e raggiungerlo con i messaggi appropriati, gli algoritmi del real time bidding si dimostrano già ora efficacissimi, e data l’importanza che questo target sta assumendo nella platea dei consumatori multimediali, non si fatica a comprendere come mai anche i grandi brand si stiano decisamente orientando verso la nuova filosofia dell’advertising. (E.D per NL)