Lo scorso 20/03/2018, con l’ordinanza n. 6919, la prima Sezione civile della Corte di Cassazione si è espressa sul delicato tema del diritto alla riservatezza.
La controversia vedeva come parti in causa, da un lato, il cantautore romano Antonello Venditti e, dall’altro, la Rai. In particolare, tutto è partito da una mancata intervista che la trasmissione La vita in diretta aveva cercato di fare al noto personaggio pubblico nel dicembre del 2000. Venditti, uscendo da un ristorante, aveva risposto in modo piccato alla troupe televisiva che aveva richiesto all’artista di rilasciare un’intervista.
Il filmato era stato poi comunque mandato in onda, aggiungendo il sarcastico commento “Chissà perché è così nervoso? Ma a Natale non si dovrebbe essere più buoni?”. Quello che però ha infastidito maggiormente il cantante è stato il fatto che, a distanza di cinque anni, la medesima clip è stata nuovamente trasmessa sulla rete ammiraglia all’interno di una “classifica dei personaggi più antipatici e scorbutici del mondo dello spettacolo”. Inoltre, in quell’occasione a Venditti era stato assegnato il secondo posto della graduatoria, con tanto di ironica chiosa: “E chissà, forse Antonello Venditti non è più abituato alle luci della ribalta. Del resto, ormai è molto tempo che non lo illuminano più”.
Ha preso inizio, quindi, uno scontro tra Venditti e la Rai nelle aule di tribunale; in particolare, il cantautore aveva chiesto il risarcimento dei danni, tra le altre cose, per la violazione del diritto all’oblio. La questione, giunta in Cassazione, sembra aver trovato finalmente una sua conclusione.
La Suprema Corte ha inizialmente richiamato il quadro normativo nazionale (art. 2 Cost., art. 10 Cod. civ. e art. 97 Legge 633/1941) ed europeo di riferimento (artt. 8 e 10, comma 2 CEDU e artt. 7 e 8 Carta di Nizza), nonché la maggiore giurisprudenza riguardante il tema della riservatezza. Di conseguenza, ha stabilito che “il diritto all’oblio può subire una compressione, a favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti presupposti: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia; 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e dare l’informazione, che deve essere veritiera, diffusa in modo non eccedente lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico”. Solo questi presupposti consentono, in un’ottica di bilanciamento, di far prevalere il diritto di cronaca sul diritto all’oblio.
Pertanto, viene fatto emergere come la pubblicazione a distanza di tempo di un’informazione riguardante una persona determinata, in assenza dei presupposti sopra riportati, integri necessariamente una violazione del fondamentale diritto all’oblio. Tornando al caso di specie, quindi, la Cassazione, non riscontrando la presenza dei predetti parametri, ha accolto il ricorso di Antonello Venditti, ribaltando la decisione della Corte d’Appello.
Si delineano, in questo modo, nuovi confini riguardanti la libertà di stampa, un nuovo tassello di un grande e articolato puzzle. (G.C. per NL)