Nuove tecnologie. Teleconferenza: viaggiare (ed inquinare) di meno connettendosi di più

La tecnologia delle comunicazioni internazionali permetterebbe già ora di ridurre drasticamente i viaggi "di persona", sostituendoli con la presenza virtuale delle teleconferenze. L’ONU dà il buon esempio preparando una guida per il viaggio ecosostenibile.

I funzionari della Banca Mondiale da soli percorrono in media 1,3 milioni di chilometri in un giorno. E la percentuale di emissioni di CO2 dovuta ai viaggi aerei è pari al 49% del contributo totale all’effetto serra di tutte le strutture che fanno capo alle Nazioni Unite. Questi i numeri impressionanti forniti dall’ONU in occasione della presentazione di una “Guida al viaggio sostenibile”, realizzata per i funzionari della più grande organizzazione internazionale del mondo dall’unità Sustainable United Nations (SUN) del Programma per l’Ambiente (UNEP). Nell’ambito della Climate Neutral Strategy, la strategia adottata dall’ONU nel 2007 per arrivare alla neutralità climatica, ovvero al momento in cui aziende e organizzazioni saranno in grado di operare senza influire sull’equilibrio del clima planetario, la SUN propone una serie di soluzioni: dalla riduzione degli spostamenti coinvolgendo di più i funzionari locali, all’utilizzo di compagnie con flotte più moderne e quindi meno inquinanti, alla compensazione degli effetti tramite investimenti su progetti riguardanti le fonti rinnovabili o l’ottimizzazione energetica, cosa che già qualche compagnia aerea sta attuando proponendo l’inserimento dei costi di “offset” (compensazione, appunto) nel prezzo del biglietto. Una delle alternative più interessanti e sicuramente efficaci, peraltro, è l’adozione dei sistemi di videoconferenza. Uno studio dell’European Telecommunications Network Operators Association in collaborazione con il WWF, "Saving the climate @ the speed of light", sostiene che con l’uso di questo strumento si possono ridurre gli spostamenti del 30%, e le emissioni di CO2 di più di 33 milioni di tonnellate annue. L’evoluzione tecnologica consente oggi di allestire una sala di conferenze online con investimenti minimi: di fatto è sufficiente una webcam, uno schermo e un software apposito, che spesso è anche disponibile in licenza open source o freeware. Ma più che le difficoltà tecniche, sovente ciò che frena la diffusione di questi sistemi è un blocco psicologico-comportamentale, presente soprattutto in quelle culture dove il contatto personale è considerato fondamentale nelle relazioni, anche di tipo professionale. Questo spiega la grande diffusione di questi sistemi nei paesi anglosassoni, rispetto alle resistenze che si riscontrano nell’area mediterranea. In ogni caso negli ultimi anni anche in Italia si è assistito ad un proliferare di iniziative in questo campo, soprattutto nel privato e nell’ambito della formazione a distanza. Segna il passo però la Pubblica Amministrazione, dove alla scarsa attitudine culturale (in questo caso aggravata dall’età media elevata degli addetti) spesso si aggiunge la disorganicità di progetti “di immagine” nei quali si allestiscono sistemi faraonici che regolarmente rimangono inutilizzati, sconfitti dalle vecchie abitudini di relazione e dal modello tradizionale della “trasferta” istituzionale. Dovremo forse aspettare la generazione di Facebook, ma prima occorrerà aprirgli le porte della PA. (E.D. per NL)

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