La televisione è in crisi, in agonia, forse è già defunta… ma misteriosamente si continuano a vendere gli apparecchi per riceverla.
Disinteressandosi completamente delle profezie dei soliti guru della comunicazione sulla dipartita imminente del medium più diffuso e influente del pianeta, le case produttrici di televisori sono più che mai impegnate a sfornare soluzioni tecnologiche per sostenere un mercato che sembra reggere bene il peso della crisi. I punti di riferimento, però, cambiano con rapidità impressionante: se l’anno scorso le parole d’ordine erano 3D e nuove interfacce, ora anche gli esperti di marketing pare si siano accorti che la maggioranza dei consumatori non gradiscono particolarmente indossare occhialini e/o fare gestacci e parlare come robot in direzione del proprio apparecchio televisivo. E allora, a quanto risulta dalle notizie arrivate dal CES di Las Vegas, ancora una volta si è tornati a puntare sui magici numeri legati alla risoluzione degli schermi, che come i megapixel delle fotocamere o i megahertz dei processori, inducono negli acquirenti la sempreverde convinzione (spesso illusoria) che “di più è meglio”. Dopo l’HD, ecco così arrivare l’UHD. O meglio, il 4K: sigla nuova di zecca coniata per far pensare ad una nuova rivoluzione tecnologica piuttosto che a un semplice “upgrade” della precedente definizione. Trattasi nientepopodimeno che della quadruplicazione dell’attuale risoluzione fullHD, ovvero 3840 x 2160 pixel, con dimensione minima degli schermi di 50 pollici e massima resa su veri e propri “mostri” da 80 pollici in su. La praticabilità dell’installazione di simili apparecchi nella maggioranza dei tipici salotti da teleutente non sembra preoccupare particolarmente i produttori, convinti che la prospettiva di immergersi in questa orgia di immagini ultradefinite sarà sufficiente a superare ogni altra considerazione. Ovviamente sarà cruciale la disponibilità di contenuti nativi 4K, dato che non sarà certo sufficiente il “pompaggio” dei vecchi flussi HD tramite upscaler che, per quanto sofisticati e intelligenti, non potranno creare il dettaglio dal nulla. Su questo fronte, peraltro, ci si sta già muovendo, perlomeno per quanto riguarda i canali trasmissivi: DVB-T2 e DVB-S2 saranno le tecnologie d’elezione per veicolare nell’etere i nuovi stream UHD, mentre il riversamento delle opere cinematografiche non sarà un problema, dato che le riprese sono già oggi in larga parte digitalizzate in partenza a risoluzioni elevatissime. Conciliare invece le codifiche e i flussi dati necessari a sostenere questa altissima definizione con lo streaming via internet non sarà altrettanto facile (per ovvi problemi di banda), per cui il nuovo salto tecnologico sarà anche funzionale a garantire ancora per un po’ la sopravvivenza delle infrastrutture broadcast, almeno fino a quando le NGN e l’FTTH (Fiber To The Home) non saranno più slogan ma una realtà per la maggioranza degli utenti. Anche il capitolo supporti potrà comportare qualche criticità, dato che l’attuale capacità dei Blu Ray disc, più che adatta al FullHD, non sarebbe invece sufficiente a contenere un intero lungometraggio 4K su un solo disco. Il passaggio al nuovo standard potrebbe quindi determinare il definitivo tramonto di questo tipo di supporti, a favore dell’archiviazione su memorie di massa (hard disk) collegati in rete: ovvero dei NAS (Network Attached Storage) domestici, sempre più diffusi, che sono probabilmente destinati a diventare le “librerie digitali” del futuro. Avendo ben presente questa tendenza, i produttori di elettronica di consumo si porranno anche l’obiettivo di rendere sempre più “smart” gli attuali apparecchi televisivi, accentrando su di essi le funzioni di riproduzione dei contenuti multimediali, che siano dislocati nella rete locale domestica o sul web. Magari dotandoli di funzioni che aiutino il sempre più frastornato utente a orientarsi nella sterminata offerta presente sui vari canali distributivi. Tramite meccanismi ormai collaudati sul web, i nuovi televisori connessi raccoglieranno informazioni su gusti e preferenze degli utenti e saranno in grado di suggerire il palinsesto ideale per la serata, attingendo da tutte le risorse disponibili. Si può scommettere che, già che ci sono, ci daranno anche qualche consiglio per gli acquisti (come si chiamavano una volta) personalizzato ad hoc: il piccolo-grande prezzo della comodità. Lungi dall’abbandonare il salotto di casa, insomma, il nuovo televisore contaminato dalla rete sarà ancora per un po’ l’amato-odiato protagonista delle nostre vite. In attesa della sempre annunciata rivoluzione. (E.D. per NL)