Le notizie non sono più quelle di una volta e i quotidiani online nemmeno. L’utilizzo di internet sta crescendo e parallelamente molti lettori preferiscono la versione telematica del proprio quotidiano a quella cartacea.
Forse non la prediligono davvero, ma per esigenze di tempo e spazio (quello necessario a sfogliare un quotidiano di carta) consultano le notizie su internet invece di affollare, come una volta, l’edicola di fronte all’ufficio. Siamo in un momento in cui le abitudini del lettore, o dell’utente, cambiano sempre più velocemente, costringendo di pari passo gli editori ad adeguarsi allo scopo di raggiungerne il più possibile. Così, mentre alcuni provano (in maniera suicida, a quanto pare) a rendere a pagamento i quotidiani online nella speranza di introitare somme “ingenti” da un numero di lettori purtroppo ridotto all’osso dal paywall (vedi Times: da 1,2 milioni di lettori nell’era gratuita a 332mila lettori in quella a pagamento; tutto nel giro di un mese), altri provano a prendere per la gola i lettori. Come? Facendo in modo che sui loro browser appaiano solo le notizie che preferiscono. Un po’ come succede per la pubblicità con le informazioni contenute nei cookie e, quindi, facendo apparire sulle home page dei quotidiani solo quelle notizie che potrebbero incontrare il favore dei loro lettori, perché legate ai propri interessi o, più semplicemente, alle parole chiave più comunemente immesse nei motori di ricerca. La conseguenza più ovvia è che l’ordine delle notizie cambia da pagina a pagina; quella più pericolosa è che i giornalisti stanno già cominciando a concentrarsi sulla redazione delle notizie più gettonate, nella speranza di raggiungere un sempre maggior numero di lettori. E se da un punto di vista prettamente economico la questione potrebbe essere intelligente, o quantomeno funzionale, dal punto di vista stilistico rischia di ridurre i giornalisti ad un nucleo di professionisti che scrive solo ciò che piace alla gente, dimenticando l’essenziale compito di informare i lettori. Insomma, l’editoria fa passi da gigante, ma alcuni di questi sembrano molto pericolosi e potrebbero ledere la qualità delle notizie (che sarebbe poi la ragione per cui molte testate, in questo particolare periodo, starebbero giocandosi il tutto per tutto scommettendo sulle notizie a pagamento o sui cosiddetti paywall). Comunque sia, al momento non esiste quotidiano (almeno negli Usa) che non abbia stretto accordi con un portale di aggregazione di notizie online, che consente di combinare contenuti da siti di informazione, blog e simili, allo scopo di decifrare, in maniera sempre più precisa, quali informazioni stiano cercando gli utenti. A quel punto il giornalista analizza le ricerche e sceglie su cosa scrivere, certo che il suo contenuto, in quel particolare periodo dell’anno, riscuoterà almeno un discreto successo. La cosa del peggiore di questo meccanismo è che un giorno non molto lontano, quando i paywall saranno lentamente estesi a tutti i principali quotidiani online, potremmo arrivare a pagare non per avere dei contenuti di qualità, ma per leggere solo quello che vogliamo. E non è nemmeno detto che sia sbagliato: non accade lo stesso con la tv? (M.M. per NL)