Secondo la Cassazione, rimane la responsabilità penale
Si è pronunciata la Suprema Corte con la sentenza 3052/2008 in merito alla censura avanzata da un contribuente relativamente alla disciplina penale prevista dalla Finanziaria del 2003. In particolare, denuncia il soggetto passivo, tale normativa avrebbe utilizzato due pesi e due misure pur con riferimento a due facce della stessa medaglia: infatti, la Legge 289/2002 nulla dice circa l’emissione di fatture inesistenti, benché preveda espressamente che nell’omessa o fraudolenta dichiarazione mediante l’uso di dette fatture il condono faccia cadere la punibilità. In ragione di ciò, dunque, il competente Tribunale aveva affermato che per assolvere il contribuente si sarebbe dovuta proporre questione di legittimità per la violazione del principio di cui all’art. 3 Cost. Tuttavia, a parere dei giudici del Palazzaccio, non v’è nessun dubbio di incostituzionalità in ordine alla disciplina in parola – diversamente a quanto affermato in primo grado -, posto che le due fattispecie integrerebbero due reati differenti che non possono essere equiparati. Afferma la Corte di Cassazione, che “non v’è, infatti, ragione costituzionale per cui, ai fini del condono tributario, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti debba essere equiparato a quello di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso delle fatture stesse. Si tratta di due reati strutturalmente e teologicamente diversi, per cui non sarebbe conforme al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. equipararli nella disciplina in relazione agli effetti del condono tributario”. In sostanza, non si fa altro che applicare la Finanziaria 2003 escludendo il reato di fatturazione per operazioni inesistenti dai benefici penali del condono tributario o riaffermando la punibilità del contribuente anche dopo la definizione delle sue pendenze tributarie. (D.A. per NL)