Non è necessario essere iscritti all’albo dei giornalisti per i dipendenti di periodici a carattere tecnico, professionale o scientifico

Non è sempre semplice distinguere il carattere “giornalistico” da quello “tecnico-scientifico” di una rivista.
 
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione Sez. lavoro (Cass. Sez. Lav. 01-12-2008, n. 28519), rigettando il ricorso proposto da parte dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ha avuto modo, fra l’altro, di affermare che “i dipendenti dalle aziende di "pubblicazioni periodiche a carattere tecnico, professionale o scientifico" non debbano essere giornalisti iscritti all’albo professionale e, quindi, nel relativo rapporto di lavoro può legittimamente non essere applicato il contratto collettivo giornalistico. La causa, promossa dal predetto Ordine nei confronti del “Il Sole 24 Ore” S.p.A., ha avuto come oggetto l’accertamento del carattere “giornalistico” del periodico dal titolo “Guida al lavoro” ed il conseguente obbligo da parte del “Il Sole 24 Ore” S.p.A. di utilizzare, per la realizzazione del suo periodico, solo personale giornalistico regolarizzato ai sensi del relativo c.c.n.l. La questione, come anche sostenuto dalla S.C., aveva il suo fulcro nell’applicazione e nell’interpretazione dell’art. 28 della legge professionale (L. 3 febbraio 1963, n. 69), secondo il quale, “nell’albo dei giornalisti sono ammessi gli elenchi dei giornalisti di nazionalità straniera e di coloro che, pur non esercitando l’attività di giornalisti, assumono la qualifica di direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici”. Tale disposizione ammette, pertanto, che la realizzazione di pubblicazioni periodiche di carattere tecnico, professionale o scientifico, quale potrebbe essere anche considerata la “Guida al lavoro”, possa avvenire senza l’ausilio di personale giornalistico e quindi senza che al personale dipendente debba applicarsi, come auspicato dall’Ordine dei Giornalisti, il contratto collettivo giornalistico. Dato che tale deroga è stata ritenuta incontroversa dalle parti nel corso della causa, la S.C. ha essenzialmente basato la motivazione della propria decisione sulla corretta interpretazione dell’art. 28 legge professionale, in quanto applicabile ai “periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici”. Occorre segnalare che la sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Milano Sez. Lavoro, accoglieva la domanda dell’Ordine ritenendo che il settimanale del Sole 24 Ore avesse natura giornalistica, con conseguente obbligo dell’editore di uniformarsi alla legge professionale dei giornalisti in relazione al personale di redazione. La Corte d’Appello di Milano Sez. Lavoro, invece, con sentenza n. 1754/2004 del 18 giugno 2004, riformava la sentenza di primo grado rigettando le domande proposte dall’Ordine perché riteneva che la rivista avesse i connotati della tecnicità e professionalità. Con ricorso per Cassazione, quindi, l’Ordine impugnava la sentenza di secondo grado per la violazione della L. n. 69 del 1963, art. 28, nonché per vizi di motivazione. Secondo la Corte di legittimità, tuttavia, la motivazione contenuta nella sentenza della Corte di merito era perfettamente corretta e non censurabile sotto il profilo logico-giuridico, per cui rigettava il ricorso confermando la sentenza impugnata. Il Giudice di appello, infatti aveva motivatamente ritenuto che: “La semplicità del linguaggio o la semplificazione dei richiami contenuti nelle note di commento alle sentenze riportate nelle apposite aeree tematiche della rivista, avrebbe potuto al più indurre ad escludere il taglio strettamente scientifico della rivista, ma non anche la sua vocazione tecnico-professionale, tenuto conto della monotematicità degli argomenti di cui essa si occupa e del modo approfondito e specialistico della relativa trattazione; nonché che la circostanza che il periodico: “non sia distribuito in edicola valutata in concorso con il già detto carattere oggettivamente tecnico-professionale dei contenuti della rivista e delle modalità di trattazione dei temi di cui si occupa, ben può contribuire ad esaltare questi ultimi e ad escludere, di conserva, la natura giornalistico-divulgativa della pubblicazione, proprio per la sua attitudine ad evidenziare come la platea dei lettori, potenziali fruitori della pubblicazione, non sia un pubblico indifferenziato, ma piuttosto una limitata categoria di operatori professionali, interessati agli approfondimenti e all’aggiornamento costante in materia giuslavoristica garantito dal periodico, e quindi disponibili ad acquistarlo in regime di abbonamento.” Il carattere tecnico, professionale o scientifico di un periodico determina dunque una disciplina differente rispetto a quella applicabile per le pubblicazioni periodiche in generale. Infatti, come si legge nella sentenza della Corte di Cassazione: “per la direzione di quelle a carattere tecnico, professionale o scientifico (con esclusione dei periodici sportivi e cinematografici) è sufficiente l’iscrizione negli elenchi speciali di cui al citato art. 28 (Cass. n. 13067/2007). Con la conseguenza che soltanto il direttore responsabile "non giornalista" deve – per evidenti ragioni di responsabilità editoriale – essere "registrato" (e non "iscritto") in "un elenco annesso all’albo dei giornalisti", confermandosi così che – come il (e ancor più del) direttore – i dipendenti dalle aziende di "pubblicazioni periodiche a carattere tecnico, professionale o scientifico" non debbano essere giornalisti iscritti all’albo professionale e, quindi, nel relativo rapporto di lavoro può legittimamente non essere applicato il contratto collettivo giornalistico.” Tuttavia, discernere se una pubblicazione periodica sia di carattere genericamente “giornalistico” o meno può essere per l’interprete, come nel caso sottoposto ai giudici milanesi e poi alla S.C., non semplice. Ciò potrebbe comportare notevoli dubbi sia in capo agli editori che in capo agli Ordini dei giornalisti, che comunque, come affermato anche nella sentenza della S.C. analizzata, hanno “il compito di salvaguardare, erga omnes e nell’interesse della collettività, la dignità professionale e la libertà di informazione e di critica dei propri iscritti”. (D.A. per NL)

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