Non costituisce reato disturbare i collegamenti in diretta dei giornalisti con azioni ad alto impatto mediatico, ironiche, divertenti e volgari

Sentenza del Tribunale di Roma 13 aprile 2007 e libertà di pensiero

Il caso di cui si occupa la sentenza romana riguarda le azioni di disturbo effettuate, tra il 2002 ed il 2004, da Gabriele Paolini (foto) nel corso di telegiornali della concessionaria pubblica. Questi eventi, che all’epoca fecero parecchio discutere, spinsero la RAI ad agire in giudizio nei confronti del Paolini per ottenere la condanna del medesimo per il reato di molestie – sostenendo, nella specie, il disturbo dell’attività dei giornalisti – ed il risarcimento dei danni subiti. In sostanza, la sentenza che ha trattato la questione poc’anzi riassunta, si è incentrata sul problema, sempre attuale, della libertà di pensiero e, più in generale, del principio di offensività, in base al quale ogni reato è tale solo se lede quel bene giuridico che l’ordinamento intendeva proteggere con quella fattispecie di reato. Veniamo ora all’esame della sentenza richiamata. In primo luogo, la decisione romana ha ritenuto che il soggetto leso, in realtà, non fosse la RAI (che addirittura avrebbe subito un aumento di audience), ma, invece, i singoli giornalisti, i quali, a causa dell’intervento del Paolini, avrebbero avuto delle difficoltà a proseguire la trasmissione. Pertanto, nei confronti della concessionaria pubblica, non ci sarebbe alcun danno. In secondo luogo, secondo il giudice romano, i comportamenti posti in essere dal Paolini costituiscono manifestazione del pensiero, il quale avrebbe, infatti, “legittimamente esercitato il suo diritto di libera espressione del proprio pensiero (sancito dagli articoli 2, 3 e 21 della Costituzione)”, operando come giornalista libero e manifestando un legittimo diritto di critica. Curiosa, è l’affermazione secondo la quale “il telecronista deve accettare le intrusioni alla Paolini”, dal momento che le telecamere, almeno quando sono in un luogo aperto al pubblico, sarebbero aperte a tutti e, quindi, non riservate alla RAI. In particolare, “la telecamera che scende in strada è essa stessa un’intrusione consentita nello spazio urbano per cui, a parità di condizioni, deve sopportare le intrusioni dei cittadini e i loro progetti di giornalismo libero e disancorato”. Per concludere, è stato contestato il fatto che la concessionaria pubblica si sia avvalsa del Paolini per fare spettacolo e creare altri programmi, quali RAI Blob. La sentenza del Tribunale di Roma ha terminato affermando che “il Paolini non può aver disturbato le trasmissioni televisive perché egli è la televisione”. Pertanto, l’imputato è stato assolto in quanto, al contrario di quanto affermato dalla televisione pubblica, non ha arrecato alcun danno, ma, addirittura, ha contributo ad apportare dei benefici all’azienda. (D.A. per NL)

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