I più recenti dati di bilancio dei quotidiani online fanno riflettere sulle tendenze in atto e sul futuro delle iniziative giornalistiche che si affidano solo alla rete per arrivare al proprio pubblico.
Tra i progetti nati in Italia negli ultimi anni, particolarmente interessanti sono quelli di Lettera43, Il Post e Linkiesta: tutti quotidiani che non si trovano nelle edicole ma solamente sul web, protagonisti di una piccola rivoluzione digitale che sfida i colossi della carta stampata e le loro propaggini su internet. I modelli a cui si conformano queste nuove realtà non sono però direttamente paragonabili, non solo come struttura di business ma anche come organizzazione dei contenuti e, probabilmente, target di riferimento. Lettera43 punta tutto sulla diversificazione dei canali, facendo da portale per un network di siti e blog specializzati e multilingua; Il Post è sostanzialmente un aggregatore di notizie selezionate e commentate, che ruota molto intorno all’appeal dei suoi noti blogger; Linkiesta predilige i contenuti originali e l’approfondimento, e punta a crearsi un pubblico non occasionale con il suo “soft paywall”. Ebbene, i dati (fonti: Italia Oggi e Audiweb) dicono che, dal punto di vista dei ricavi, chi sta meglio è la creatura di News 3.0, ovvero Lettera43, che è riuscita a raccogliere nel 2011 più di un milione di euro, e anche come utenti unici giornalieri (45.000) riscuote un discreto successo. Nel mezzo sta Il Post di Luca Sofri (131.000 euro di ricavi, ma costi molto contenuti e 47.000 utenti unici), mentre Linkiesta dichiara perdite superiori al milione di euro e viene accreditata di soli 19.000 utenti al giorno. Il verdetto del mercato sembra essere chiaro. Tuttavia, come ha evidenziato recentemente una ricerca del Reuters Institute for The Study of Journalism, che ha analizzato nove startup giornalistiche europee tra cui le tre italiane citate, sotto altri cieli la classifica dei modelli vincenti sembra essere ribaltata: siti come il tedesco Perlentaucher (aggregatore di contenuti a forte selettività) o il francese Mediapart (giornalismo di inchiesta con contenuti a pagamento) sono tra i pochi che sono stati in grado finora di generare utili. La presenza di un approccio editoriale “forte” e la produzione di contenuti di qualità sembra essere la strada da seguire per conquistarsi spazio nell’oceano informativo del web. Conclusioni che però non sembrano attagliarsi molto alla realtà italiana. Parlando di contenuti e impostazione editoriale, non si può non rimarcare l’approccio generalista e “accessibile” del network di Lettera43, per non parlare del successo ormai decennale (un’eternità sulla rete…) di siti “informativi” come Dagospia di Roberto D’Agostino. L’impressione è che la realtà italiana sconti il solito ritardo culturale, ovviamente non superabile con il semplice passaggio dalla carta ai bit, che fa sì che l’equazione globalmente valida “contenuti di bassa qualità=più accessi=più ricavi pubblicitari” assuma da noi particolare rilievo, destinando all’oblio le iniziative di maggior spessore giornalistico. In ogni caso, in tempi di recessione e con un mercato pubblicitario ancora poco orientato al web, contenere i costi e cercare fonti alternative di finanziamento continueranno ad essere le priorità per il prossimo futuro. La sopravvivenza dei protagonisti della nuova frontiera delle News dipenderà da quanto saranno in grado di sfruttare la rete per balzare oltre la crisi. (E.D.per NL)