Far pagare o dare gratis, questo è il problema. Magari non saranno impegnati in riflessioni profonde come quelle di Amleto, ma i protagonisti della carta stampata non se la passano certo bene in questo periodo. Hanno di fronte a loro una scelta epocale, destinata a cambiare (probabilmente per sempre) il mondo dell’editoria virtuale così come lo abbiamo conosciuto nel corso dell’ultimo decennio. La crisi finanziaria internazionale ha infatti accelerato i processi di evoluzione delle dot com, rendendo urgenti scelte che fino a qualche anno fa sembrava possibile rimandare. In pratica, messi alle strette dal crollo verticale della raccolta pubblicitaria, gli editori devono trovare il modo di far quadrare i bilanci. E far pagare le news online è una delle idee ricorrenti. Tutto d’un tratto si scopre infatti che ciò che prima era possibile e sostanzialmente scontato ora diventa arduo da applicare. I modelli di business incentrati sulla generazione di traffico online ed attrazione degli investimenti pubblicitari non stanno infatti più in piedi (Google è la prima a soffrirne). Occorre quindi studiare nuovi sistemi per generare ricavi. E questo vale per quasi tutti i settori. In modo particolare per i grandi editori, che su questo modello avevano basato lo sviluppo delle loro redazioni online. Salvo scoprire ora che è difficile mandare avanti la baracca senza far pagare nulla per le notizie diffuse sul web (e non si tratta più solo della diatriba con Google News, naturalmente). Almeno se si vogliono mantenere standard elevati di qualità. Questo almeno è quel che pensano dalle parti della News Corp., il gigante dell’editoria di proprietà di Rupert Murdoch. Il dibattito tra gli editori continua da tempo, ma negli ultimi giorni si sono registrate alcune significative novità: primo tra tutti l’annuncio di James Murdoch, figlio di Rupert, che ha informato la comunità finanziaria del fatto che a partire da novembre, una per una, le testate online di casa News Corp. diventeranno a pagamento. Ora c’è da capire in quanti seguiranno questa strada, sia per quel che riguarda gli editori che, cosa più importante, per quel che riguarda gli utenti. Il web è infatti sempre stato il dominio dei contenuti e degli scambi liberi e gratuiti. Difficilmente chi è abituato ad avere tutto gratis potrà accettare di dover, da un giorno all’altro, pagare per visionare dei contenuti che fino al giorno prima erano accessibili a tutti. Ci sarà bisogno di più che valide motivazioni. Gli editori saranno pronti a fornirle? (Davide Agazzi per NL)