Lo spettro delle news online a pagamento si aggira da settimane tanto nel web, quanto negli approfondimenti dei quotidiani cartacei. Una soluzione tarda ad arrivare, ma chiunque prova a metterci del suo per migliorare l’attuale criticità della situazione.
Se Rupert Murdoch prosegue professando la teoria di abbonamenti e micro pagamenti, l’acerrimo rivale Google – rivale almeno in questo settore – propone YouTube Direct con l’intento di far risparmiare soldi e fatica a reporter e giornalisti di tutto il globo (trattasi di un sistema di folder sui quali gli utenti della rete potranno caricare foto, video e contributi, ai quali i professionisti potranno conseguentemente attingere per colorare le proprie notizie, così animando il settore, pressoché gratuito, del citizen journalism). In tutto ciò rimane una questione aperta, alla quale il Boston Consulting Group (Bcg) sembra aver fornito una risposta piuttosto esauriente. Una determinata percentuale di utenti sembrerebbe pronta a pagare per leggere notizie online. In Italia si stima che siano addirittura il 62%. Mentre in Usa, Gran Bretagna e Australia la percentuale non sorpasserebbe il 50%. Il problema è che tutti i lettori favorevoli alla sottoscrizione di un abbonamento online sarebbero disposti a spendere non più di 5 euro al mese, 7 dollari se ci riferiamo al lettore americano (nemmeno il costo – anzi, sottocosto – di un quotidiano acquistato con cadenza giornaliera). Sarà pur vero che il grosso degli introiti dovrà arrivare dalla raccolta pubblicitaria, ma i lettori potrebbero rendersi più disponibili alla causa, soprattutto considerando la necessità o volontà di ottenere informazioni attendibili e di qualità. Altri sostengono che comunque l’informazione libera e gratuita in rete rimarrà per sempre. Nessun dubbio in proposito, ma il web non può diventare il rifugio di chi non spenderà mai nulla per la propria informazione o, ancora peggio, per la propria cultura. Perché il problema potrebbe effettivamente essere di natura culturale. Soprattutto in Italia. Non vorremmo spendere per le news online, vorremmo spendere pochissimo per i libri o ancor meno per i nascenti e-book, non vorremmo spendere (anzi, molto di noi non spendono) un centesimo per il servizio televisivo pubblico. (Marco Menoncello per NL)