Abbiamo un governo! E un ministro allo Sviluppo Economico, cioè l’esecutivo di riferimento per il comparto di nostro interesse, leader di una forza politica particolarmente ostile nei confronti dei media tradizionali. Il pensatore in conto terzi dei 5S non ha infatti mai nascosto la sua antipatia per i giornalisti e l’informazione tradizionale ed un’insofferenza verso le contribuzioni pubbliche alle testate della carta stampata, della tv e dell’editoria.
Per contro, il Grillo parlante ha sempre avuto in grande considerazione il web, rappresentazione perfetta dell’agognata anarchia cui destinare ogni forma di esternazione del pensiero.
Cosa si devono allora aspettare gli editori attaccati alla goccia di un rubinetto già semichiuso?
Probabilmente niente di più e niente di meno dell’equilibro consolidato, posto che il progressismo IP crownfunded dei pentastellati è più che bilanciato dall’approccio old style verso i media tradizionali della Lega. Che sui contributi governativi ci ha costruito una radio al tempo aspirante nazionale (dalla primavera 2017 solo locale) attraverso la facoltà inedita di attivare ex novo impianti FM grazie all’art. 74 c. 2 della L. 448/2001, generosa fonte normativa che altresì concedeva all’emittente un sostanzioso obolo di 1 mln annui, unitamente ad un quotidiano (La Padania), chiuso nel 2014 nonostante l’erogazione di 4 mln annui di foraggio pubblico.