L’editoria Usa come il settore dell’auto. La crisi che sta pervadendo l’Occidente pare non risparmiare minimamente il settore dell’editoria e, come sempre, i primi a risentirne sono gli americani.
Si prospetta un Natale di lacrime e sangue per grandi e piccoli gruppi editoriali, negli Usa. A cominciare dal potente gruppo “Tribune Company”, che controlla il “Chicago Tribune” nella capitale dell’Illinois ed il “Los Angeles Times” in quella della California. Il colosso editoriale, acquistato appena un anno fa dal magnate immobiliare Sam Zell per 8 miliardi di dollari, ha avviato ufficialmente le procedure di bancarotta (come testimonia il sito web del “Chicago Tribune”), a causa dei 13 miliardi di dollari di debiti accumulati. Anche il “New York Times”, in crisi nera di liquidità, ha scelto di ipotecare il bene immobile più prezioso,ossia il grattacielo di 52 piani che Renzo Piano ha realizzato sull’Ottava Avenue, terminato soltanto nel novembre 2007. Il gruppo, che controlla, tra gli altri, anche il “Boston Globe” e l’ “Herald Tribune”, possiede il 58% della proprietà del bene immobile ed ha scelto di vendere, suo malgrado, proprio quella proprietà, per recuperare i 225 milioni di dollari di buco che occorrono per restare in vita. Anche in Florida, però, non se la passano meglio. McClatchy, colosso dell’informazione ed editore del “Miami Herald”, è alla ricerca di possibili acquirenti per il quotidiano di punta del proprio gruppo, assieme al quale è intenzionato a vendere anche il patrimonio immobiliare, a cominciare dalla storica sede dell’ “Herald”, con vista sull’Oceano Atlantico. Insomma, la crisi pare non risparmiare nessuno, né grandi né piccoli editori. Gli esperti sostengono che una possibile risoluzione per questa crisi strutturale potrebbe essere una riorganizzazione generale del sistema, per mezzo di accorpamenti e fusioni. Negli States, infatti, il settore dell’informazione è altamente frammentato (secondo noi giustamente, ndr), basti pensare che Gannet, editore di “Usa Today” e detentore della massima fetta di questo mercato, controlla appena il 13,6% della circolazione di quotidiani del Paese. Una serie di fusioni potrebbe portare ad un aumento della produttività di alcune strutture, ma a che prezzo?
Intanto il sistema editoriale Usa continua a rinnovarsi. È notizia di oggi, infatti, che il network Cnn, reduce dalla sbornia elettorale che l’ha incoronato principe dei network americani (con conseguente incremento di introiti pubblicitari), ha deciso di far concorrenza allo strapotere mondiale dell’Associated Press (4.000giornalisti presenti in 97 Paesi del Mondo). Il network di Ted Turner si cimenterà, infatti, come agenzia di stampa low cost, per sottrarre all’AP quella fetta di clientela che ne ritiene troppo alto il canone d’abbonamento.
Non solo Cnn, comunque, tra le novità Usa del mondo dell’editoria. Gli organizzatori del Pulitzer, il premio giornalistico più ambito e prestigioso del mondo, consegnato ogni anno dalla Columbia University ai protagonisti del mondo dell’informazione, hanno annunciato che dal prossimo anno interverranno alcune modifiche nel regolamento, atte a concedere un maggior potere competitivo ai media on line. Date le premesse, il futuro è qui. (Giuseppe Colucci per NL)