L’iperlocalità dei media di nuova generazione non è solo un fenomeno in rapida crescita, ma anche un aspetto della multimedialità che non si deve sottovalutare.
Se si considerano, infatti, le numerosissime web tv, web radio o i diffusissimi periodici telematici dedicati a realtà territoriali molto circoscritte, è facile intuire come l’interesse del pubblico possa essere sempre più elevato, soprattutto in un momento dove l’offerta (televisiva, in particolare) è tanto frammentata da obbligare chiunque a cercare un contenuto diverso, in qualche modo fidato. Perché, in effetti, si potrebbe parlare di fidelizzazione dei telespettatori anche nel caso delle microwebtv italiane, se pensiamo che solo il circuito Altra.tv genera 150mila utenti unici giornalieri. E questa è solo una delle ragioni per cui è nata FeMi, la Federazione Microwebtv italiane, decisa a tutelare questo “micro” mondo e a sostenerne il nuovo ed emergente modello di business. A seguito del primo incontro ufficiale (sotto il nome di FeMi), presso il Centro Multimediale di Terni, le microwebtv di Altra.tv si sono confrontate con esperti di giornalismo e nuovi media, stabilendo ancora una volta la loro importanza sia per l’informazione, sia per la promozione a livello iperlocale. In proposito, Gianpaolo Colletti, ideatore e coordinatore del circuito Altra.tv, avrebbe spiegato al Sole24Ore che “Oggi la sperimentazione pionieristica lascia il posto a un uso più consapevole e smaliziato del mezzo e a una serializzazione dell’offerta informativa locale anche dal basso, che su internet viene fruita da migliaia di utenti trasversali. Anche perché il fenomeno dell’iperlocalismo è crescente e intergenerazionale, soprattutto sul web dove il global ha mostrato più di una crepa. Se tutti questi micro-network teletrasmettessero a rete unificate farebbero numeri da far impallidire anche i colossi generalisti”. Insomma, cosa succederà il giorno che tutte queste micro emittenti saranno fruibili, pur sempre attraverso il web, sul televisore tradizionale? (M.M. per NL)