L’informazione è un bene di consumo, specie all’interno dell’impero – Murdoch (foto). Ecco perché il suo prezzo non è uniformabile ma deciso dall’andamento del mercato. Se, ad esempio, la free press fagocitano ogni mese migliaia di copie ad un tabloid storico come il “Sun” può essere lecito abbatterne il prezzo in modo da renderlo più competitivo nei confronti di una modalità d’informazione innovativa e senza costi, specie dopo un ribasso di 2,45 punti percentuali nelle copie vendute rispetto all’anno precedente. In realtà, Murdoch aveva tentato la strada dell’abbassamento del prezzo del “Sun” già nel 1993, per uscire da un momento difficile per il giornale. Il risultato era stato un aumento di 368mila copie nell’arco di un solo mese. Ma in quel caso non esistevano ancora le free press. La strategia attuate dal tycoon australiano, però, potrebbe ugualmente rivelarsi vincente (la diminuzione è di 15 pence, da 35 a 20 pence) dal momento che il pubblico dei tabloid, lo stesso (almeno in linea di massima) che legge le free press, risulterebbe molto sensibile alla variazione dei prezzi. Molto più di quanto non lo sarebbe il lettore medio del “Times”, uno dei quotidiani inglesi più blasonati e venduti, destinato all’elite borghese britannica. Il lettorato del “Times”, in effetti, si troverà presto a dover pagare un sovrapprezzo nelle edicole per acquistare il quotidiano. Sovrapprezzo di 5 pence che porterà il quotidiano londinese a quota di 70 pence, restando perfettamente in linea con gli standard dei suoi concorrenti. Magari in questo modo Murdoch porterebbe anche questa suo cavallo di razza a pareggiare i propri conti, dal momento che da quando l’ha acquistato non ha ancora ottenuto profitti, coperto finanziariamente dal boom ottenuto dal “fratello maggiore”, il “Sunday Times”. (Giuseppe Colucci per NL)