(Punto Informatico) – "Internet come la si vede ora sarà presto storia": queste le parole che Rupert Murdoch ha usato per dare un’idea dei cambiamenti radicali che intende apportare nei prossimi mesi in gran parte del suo network.
Il re dei mass media ha bollato come perdente l’attuale modello di business adottato dalla stragrande maggioranza dei quotidiani online facenti capo alla sua News Corporation. Citando l’esempio del Wall Street Journal, uno dei precursori delle news a pagamento, ha lasciato intendere che non passerà molto tempo prima che l’accesso ai contenuti presenti in Rete venga concesso esclusivamente a quei lettori disposti a scambiare denaro con informazioni, sottoscrivendo una sorta di abbonamento old style. In questo modo gli oboli versati dai lettori andranno a rimpinguare le casse delle testate, che attualmente si mantengono faticosamente a galla attraverso la pubblicità. L’ultimo periodo finanziario ha visto un vertiginoso calo degli introiti della divisione giornalistica dell’azienda statunitense: solo sette milioni di dollari di profitto contro i 216 milioni guadagnati nello stesso periodo dello scorso anno. Piuttosto che alla crisi economica globale, Murdoch attribuisce la colpa di questo declino, costato circa 3mila posti di lavoro, alla scarsa capacità delle inserzioni pubblicitarie di soddisfare gli standard di profitto da lui richiesti. Anche il reparto Interactive Media ha annunciato un serio ridimensionamento delle entrate, provocato in questo caso dal fatto che MySpace sia diventato molto meno fruttifero rispetto agli anni d’oro. L’ex social network numero uno sta attraversando infatti un momento delicato in cui deve far fronte alla sostituzione dei quadri manageriali e alla decisione del magnate australiano di ritirare il portale acquistato nel 2005 dalla competizione con il rivale Facebook. "Non ci adegueremo al modello proposto da Facebook – ha dichiarato Murdoch – perché non ha senso raccogliere centinaia di milioni di persone senza sottoporle a massicce campagne di advertising". Al fine di sviluppare l’idea delle pay-per-news Murdoch ha radunato dalle varie sedi aziendali un team di collaboratori fidati che comprende suo figlio James, oggi amministratore delegato della News Corporation, oltre al CEO di Dow Jones Les Hinton e a Jonathan Miller, attuale supervisore delle attività digitali della compagnia. Con questa mossa Murdoch intende discostarsi dal credo comune, che vorrebbe soddisfare gratuitamente la fame di notizie, avvicinandosi alla posizione espressa poche settimane fa da Associated Press: l’agenzia di stampa ha dichiarato guerra ai cosiddetti spacciatori di contenuti, tra i quali figuravano soggetti di ogni tipo, dai blogger ai motori di ricerca come Google, accusandoli di violare il copyright detenuto dagli autori dei pezzi originali. Proprio BigG era finito del mirino degli editori per la modalità con cui indicizza in contenuti Web, indirizzando i netizen verso determinati siti in luogo di altri. La risposta dell’azienda di Mountain View non si è fatta attendere ed è arrivata per bocca della dirigente Marissa Mayer, la quale ha dichiarato, nel corso di un discorso tenuto alla Sottocommissione per le Comunicazioni, Tecnologia e Internet del Senato USA, che Google compie un’azione a suo dire decisiva dirottando ingenti dosi di traffico sui principali siti d’informazione, che in questo modo possono estendere in maniera notevole il proprio parco utenti. Lo scenario che va delineandosi sembra dunque quello pronosticato nel 2005 proprio da Murdoch, il quale, poco dopo aver messo le mani su MySpace, aveva intravisto la crisi degli organi di stampa mainstream. Crisi per la quale crede di aver trovato la soluzione finale. Giorgio Pontico