Un personaggio difficile, scontroso, forse non esattamente “simpatico” ma alla fine coerente. E poi, senza dubbio, uno ‘spirito libero’.
Sabato scorso all’età di 76 anni è morto Gianfranco Funari, ricoverato da tempo all’Ospedale San Raffaele di Milano per gravi problemi cardiaci.
A pochi giorni dalla sua scomparsa si sono già buttate sul tavolo tutte le definizioni possibili per quello che è stato uno di personaggi più discussi delle Tv nazionali e anche uno dei più amati dal pubblico: anarchico televisivo, istrionico, populista, inventore del talk show politico, padre della trash Tv, anche, ma una delle definizioni forse più riuscite è quella di Piero Chiambretti che lo ha definito “l’ultimo eretico della Tv”.
Sicuramente Funari si è fatto forte del proprio linguaggio, che indulgeva volentieri alla volgarità e amava giocare con l’accento romanesco, con uno stile di conduzione molto fisico e dinamico, fatto di pause meditate e improvvise accelerazioni, di urla e strepiti (non sempre giustificati, peraltro, talora sì, talora no, quando erano solo giochi ed espedienti per attrarre l’attenzione), con improvvisi passaggi da una telecamera all’altra, ricerche marcate del primo piano e una forte gestualità. Uno stile che molti hanno tentato di imitare ma senza successo, perché lui, prima di tutto, era un vero ‘animale televisivo’.
In breve la vita di Funari: chiamato da Oreste Lionello al Derby di Milano, esordì con monologhi di satira e costume dopo aver lasciato il lavoro di croupier. La prima esperienza come conduttore-autore televisivo fu nel 1980 su TeleMontecarlo con “Torti in faccia” ma il successo arrivò con la RaiDue di Minoli nel 1984, quando Funari condusse il celeberrimo programma “Aboccaperta” di cui era anche autore. “Aboccaperta” anticipò di 20 anni le tribune televisive che vedono come protagonista il pubblico (ma probabilmente c’erano anche dei ‘figuranti’) oggi tanto di moda: era uno dei primi talk show televisivi che vedevano contrapposti (anche nella collocazione in studio) due gruppi di persone che discutevano su un argomento. Da un lato i favorevoli e dall’altro i contrari, che si esprimevano su un argomento specifico.
Al centro lui, il conduttore Funari, che abilmente “manipolava” i due gruppi, contenendoli nel caso in cui la discussione fosse troppo accesa o stimolandoli, qualora il ritmo e la tensione in studio tendavano a calare. Un pubblico di sconosciuti che venne finalmente portato in Tv e poteva avere l’attenzione delle telecamere vent’anni prima dei reality e delle arene televisive di ‘Buona Domenica’ o di Giletti.
Cacciato dalla Rai nell’87 per avere invitato La Malfa in uno dei suoi programmi, nonostante il divieto di Viale Mazzini (la ‘scomodità’, la ruvidezza di carattere ma anche l’autonomia e la libertà facevano parte integrante del suo DNA), approdò in Fininvest dove condusse “Mezzogiorno italiano”. Litigò anche con Fininvest a causa di una polemica con Berlusconi, venne cacciato, fece causa e la vinse. Fu allora che Funari dimostrò di nuovo la propria genialità riapparendo in video con un espediente: creò un programma, “Zona franca”, che andava in onda su 75 emittenti locali sparse in tutta Italia che gli permisero di avere di nuovo un’ampia presenza televisiva sul territorio nazionale.
Nel 1993-‘94 tornò a Retequattro dove presentò “Funari News”, “Punto di Svolta” e “L’originale” e ricoprì per brevissimo tempo l’incarico di direttore del quotidiano ‘L’Indipendente (di cui possedeva una quota).
Non riuscendo a trovare le condizioni ottimali per lavorare sulle reti nazionali passò ad Odeon Tv dove presentò “L’edicola di Funari” e “Funari Live”. Nel 1996 tornò in Rai con il talk show politico “Napoli capitale”, creando un’arena per i politici candidati alle elezioni.
Dopo il nuovo esilio dalla Tv pubblica (per i soliti motivi) e persino il tentativo di fare carriera in politica candidandosi alla presidenza della provincia di Napoli con un movimento federalista nel 2004, e la prosecuzione delle trasmissioni su Odeon, il ritorno tanto strombazzato ma dagli ascolti fallimentari con “Apocalypse Show” su RaiUno lo scorso anno, che aveva tra gli autori Diego Cugia. Uno show serale nel quale Funari era troppo ingessato nei testi scritti da altri per lui che lo contenevano e gli impedivano di lasciare uscire il personaggio che era: spontaneo, irruento, volutamente volgare, ma interessante, pur se volutamente ‘sopra le righe’ per scelta e esigenza spettacolare. Non a caso quando Funari si “liberò” dagli schemi troppo rigidi del programma e tornò a seguire il suo stile, lasciando perdere la lettura del gobbo, ebbe un leggero rialzo degli ascolti.
Funari aveva più volte fatto capire di aver ‘sfiorato’ la morte e di aver ripreso la vita (che amava in modo torrenziale, come probabilmente le donne e lo dimostrano le varie moglie e compagne) per i capelli. Non sapeva contenersi Gianfranco, era viscerale in tutto, ma aveva il merito di non sapersi sottomettere a nessuno. Alla fine viveva per stare in scena, per le telecamere e il pubblico. E il pubblico, va detto, non l’ha dimenticato e l’ha seguito fino alla fine. E ora, sipario.
Mauro Roffi e Elena Romanato