Consueto regalo di Natale triennale (che però per l’occasione diventa biennale) a Radio Radicale dal Governo. Il 30 dicembre è stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 194, più noto con l’accattivante appellativo di "milleproroghe" (da convertirsi in legge entro 60 giorni dal Parlamento).
Tra le tante disposizioni del DL vi è l’attesa autorizzazione alla spesa annuale di 9,9 milioni di euro (prima erano 10 milioni tondi) per il 2010 e 2011 quale proroga della convenzione con Radio Radicale per la ritrasmissione dei lavori parlamentari. Vincono così la battaglia per la sopravvivenza della loro radio i Radicali, che negli ultimi due mesi avevano fatto grancassa sulla scadenza dell’accordo. “La convenzione è attiva dal 1994 ed è stata rinnovata, a partire dal 2000, sempre attraverso la legge finanziaria", avevano ricordato in una conferenza stampa del 15 dicembre scorso Emma Bonino, Marco Pannella, Massimo Bordin (direttore di Radio Radicale) e Paolo Chiarelli (amministratore delegato della s.p.a. Centro di Produzione, editore della concessionaria radiofonica nazionale che, a dispetto di quel che si potrebbe pensare, è una stazione giuridicamente "commerciale"). La vicenda di Radio Radicale – riconosciuta da una legge cucitagli addosso, la n. 230/1990, come “impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale” – fa periodicamente discutere, in quanto, dal 1998, il servizio della ritrasmissione radiofonica dei lavori parlamentari è svolto anche da una rete RAI allestita (in fretta e furia) in ossequio all’art. 24 c. 1 della L. 223/90, che ha trovato piena applicazione con l’art. 14 del DPR 29/10/1997. Cosicché gli italiani pagano tre volte per lo stesso servizio: quello svolto (egregiamente, va detto) dalla rete di Pannella (per 9,9 milioni di euro anno, oltre ai quasi 4,5 milioni euro provenienti dai fondi per l’editoria), quello malamente diffuso dalle scadenti frequenze della rete parlamentare pubblica (anche perché assurdamente bloccata a mezza costruzione dall’art. 1 c. 2 della legge 224/1998), che i Radicali stessi stimano costare circa 7 milioni di euro annui, e quello svolto attraverso il satellite (coi canali tv dedicati alle sedute parlamentari) ed il web (in streaming). Con la proroga disposta dal decreto Milleproroghe si scioglie così, come neve al sole, la rassicurazione di Paolo Romani, viceministro del MSE-Com, che, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare di Alessio Butti (Pdl), il 18/12/2008 aveva garantito che allo scadere della convenzione (2009) sarebbero state "certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai dedicata alla trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, nonché, in coerenza con il recente complessivo riordino in materia di contributi pubblici al settore dell’editoria, le esigenze di riduzione della spesa pubblica". Per parte nostra avevamo in più di un’occasione evidenziato a Romani & C. come, in realtà, sarebbe stato più opportuno intervenire a livello normativo per conseguire lo smantellamento dell’inutile GR Parlamento, destinando le frequenze, caramente pagate dagli italiani, al rafforzamento delle sofferenti reti in modulazione di frequenza RAI 1, 2 e 3, così contribuendo a risolvere almeno un centinaio di situazioni interferenziali croniche e senza via d’uscita con stazioni radiofoniche private, lasciando ai Radicali lo svolgimento del servizio di ritrasmissione parlamentare. Peccato per l’ennesima occasione persa. Vorrà dire che ne riparleremo nel 2011.