Milano, gennaio 1974: progetto alternativo per una tv libera

L’idea era originale e bypassava i vincoli al tempo vigenti per le trasmissioni via cavo e via etere


Il nome era in verità banale: Milano. Il progetto, invece, era alquanto originale. Superare i vincoli normativi al tempo vigenti per installare una tv libera. Lo scoglio era infatti il recente d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui, riformando il codice postale del 1936 (R.D. 645/1936, che ovviamente non contemplava la tv via cavo), riservava allo Stato anche l’installazione e l’esercizio di reti locali di televisione via cavo, vietando l’installazione e l’esercizio di tali reti senza avere previamente ottenuto la relativa concessione. Un rischio non da poco: Peppo Sacchi, fondatore della mitica Tele Biella era finito nei guai proprio per colpa di quella norma, cucitagli addosso (la sua tv via cavo era partita prima, il 6 aprile 1972, sicché Sacchi era a tutti gli effetti un sopravvenuto pirata) da una politica repressiva che avrebbe poi pagato duramente la propria rigidità (il caso Tele Biella avrebbe fatto cadere il secondo governo Andreotti, tanto che si sarebbe detto che “era inciampato…nel cavo della tv”). L’escamotage studiato dagli ideatori di Milano era semplice e complesso al tempo stesso: realizzare programmi televisivi di informazione, cultura, attualità e spettacolo da distribuire in un circuito cittadino costituito da grandi palazzi aderenti all’iniziativa, presso i quali installare videoregistratori remoti collegati all’antenna centralizzata e muniti di timer in grado di far partire ad una data ora il medesimo programma (una regia automatica ante litteram). Il progetto, pensato dal giornalista Angelo Rozzoni (vicedirettore de Il Giorno), si sarebbe sovvenzionato attraverso la pubblicità, senza quindi determinare alcun costo per i condòmini aderenti. Il bacino di utenza stimato: 300.000 persone, da “illuminare” attraverso 70.000 videocassette. Il lancio era previsto tra i mesi di settembre e ottobre del 1974. Ma la sentenza n. 226/1974 del 10 luglio dello stesso anno della Corte costituzionale, che dichiarò l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 (col quale era stato approvato il testo unico delle disposizioni legislative, in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nelle parti relative ai servizi di televisione via cavo, minò il senso stesso dell’iniziativa. Si era aperto un nuovo capitolo della televisione in Italia: quello dell’iniziativa privata legittima ad ogni effetto.

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