230 stazioni tra FM e DAB+ a Milano (ma a Roma poco cambia): un eccesso di offerta che disorienta gli utenti i quali (come accade in tv con la scansione sequenziale del telecomando) si limitano a scorrere le prime 30.
Così, molte emittenti scalano l’elenco anteponendo caratteri speciali al nome.
L’uso di questi caratteri, tuttavia, se da un lato aiuta a risalire la lista, dall’altro, oltre a generare caos ed instabilità, può creare problemi anche ai comandi vocali delle auto.
Sintesi
A Milano si possono sintonizzare ormai circa 230 stazioni radio tra FM e DAB+, comprese molte svizzere.
Un’offerta sovrabbondante che disorienta gli utenti, che – come per la tv – tendono a fermarsi sui primi 30 ID visibili.
Per emergere in questo elenco, molte emittenti antepongono caratteri speciali al nome (come #, *, -, ecc.).
Una prassi non regolamentata che sta generando confusione ed instabilità (la situazione è in trasformazione di giorno in giorno).
L'(ab)uso di caratteri speciali, che ormai coinvolge anche alcune stazioni svizzere, complica la consultazione e potrebbe richiedere un intervento regolatorio da parte di MIMIT, Agcom e Antitrust, soprattutto in vista della futura lista dei Servizi di Interesse Generale (SIG) che dovranno rispettare l’identità di marchio.
Dal punto di vista tecnico, l’ordinamento dei caratteri speciali dipende dagli standard (ASCII o Unicode) e varia a seconda del sistema: in genere precedono le lettere, ma su alcune autoradio possono finire anche dopo la Z, rendendo imprevedibile la posizione nell’elenco.
Problemi pratici emergono anche nei sistemi di comando vocale integrati nelle auto (es. BMW e Mercedes), dove i caratteri speciali impediscono spesso il corretto riconoscimento della stazione. Lo stesso rischio si presenta sulle piattaforme Android Auto e Apple CarPlay, dove le app come TuneIn mediano la ricerca vocale.
L’uso dei caratteri speciali, pur apparendo una tattica vincente nel breve termine, è una strategia fragile, difficilmente conciliabile con l’impiego (ove l’emittente non sia caratterizzata già da un brand iconico) di nomi evocativi ed immediatamente riconoscibili, rispettando un “patto di fiducia” con gli ascoltatori per favorire l’emersione nella triplicata offerta radiofonica.
230 stazioni sintonizzabili a Milano
230 sintonizzabili a Milano sulle nuove autoradio tra segnali FM e DAB+, italiani ed esteri (in Lombardia sono largamente sintonizzabili anche i mux elvetici del Canton Ticino, spesso con intensità superiore a quelli locali italiani).
Utenza disorientata
Un grosso problema, visto che una tale offerta disorienta e demotiva la maggior parte degli utenti ad una consultazione completa.
Caratteri speciali per scalare le posizioni nell’elenco
Così, come accade per il DTT, durante la scansione, quasi sempre ci si ferma ai primi 30 identificativi, che corrispondono (a Milano) alle emittenti che hanno fatto precedere la propria denominazione da un carattere speciale, per scalare l’elenco.
Una prassi che, non essendo per l’appunto regolata, ha finito per diventare diffusa, così che è partita la corsa al carattere “più speciale” tra i caratteri speciali.
Degenerazione
Di conseguenza tra #, *,’, -, _., ecc. in elenco, la situazione è diventata, oltre che un po’ ridicola, anche preoccupante per la sua instabilità (praticamente tutti i giorni l’elencazione cambia).
Intervento apicale
Stante la condizione insostenibile, è probabile che, a breve, il Ministero delle imprese e del made in Italy, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e forse anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato interverranno, imponendo l’integrazione formale del carattere speciale nel nome ufficiale, oppure l’adeguamento a quest’ultimo in senso pieno.
Penalizzati coloro che adottano la denominazione corretta
Anche perché ad essere penalizzati, alla fine, sono coloro che iscrivono in lista l’esatta denominazione così come assentita dal Ministero delle imprese e del made in Italy. L’unica, in realtà, a dover essere utilizzata.
Prominence ambito naturale per l’obbligo di identità di denominazione
L’alveo più consono per l’imposizione di una normalizzazione delle denominazioni delle emittenti potrebbe essere l’elenco dei SIG (Servizi di Interesse Generale), che, dopo il primo popolamento scaduto a metà dicembre 2024 ex Del. 390/24/CONS, dovrebbe costituire la prima applicazione concreta della regolamentazione sulla prominence attraverso la pubblicazione di una lista (entro il 15/05/2025, stante la proroga disposta dall’Autorità) di nomi che dovrebbero trovare “preminenza” su ogni dispositivo connesso. Denominazione che, ovviamente, non potrà che essere univoca e discendente dal marchio/palinsesto (radio o tv che sia) autorizzato dal MIMIT o da Agcom con provvedimento amministrativo nominativo.
(Ab)uso
Il problema dell’uso di caratteri speciali nell‘ID di stazione non è certo nuovo, ma, col proliferare delle stazioni, triplicate in un decennio in grandi città metropolitane come Milano e Roma, ha creato una situazione ingestibile.
Stazioni che di giorno in giorno si accavallano, scalando posizione ogni volta che un editore scopre che un carattere speciale viene prima di un altro, consentendo così di guadagnare una posizione.
Dal Far West delle frequenze FM a quello dei caratteri speciali
Il risultato è che dal Far West delle frequenze (che si pensava archiviato) si sta passando a quello delle denominazioni.
Un andazzo invero non solo italiano, posto che l’abitudine sta contagiando anche la Svizzera, visto che pure lì qualche emittente ha iniziato a far precedere al proprio nome un carattere speciale.
Controindicazioni
Tuttavia l’uso di tali artifizi non è scevro da controindicazioni.
Partiamo col dire che non esiste una lista unica dei caratteri speciali: l’elenco, organizzato secondo standard internazionali che ne definiscono la rappresentazione numerica nei sistemi informatici, si basa, tendenzialmente, sui formati condivisi, quali ASCII e Unicode.
ASCII (American Standard Code for Information Interchange)
L‘ASCII è uno standard a 7 bit che rappresenta 128 caratteri, inclusi quelli di controllo (codici 0–31), utilizzati per comandi come fine riga o tabulazione e caratteri stampabili (codici 32–126), comprendenti lettere, numeri, punteggiatura e simboli come #, *, ‘, @, &, ecc. Ad esempio, il carattere # ha il codice decimale 35, mentre * corrisponde a 42. Questi codici sono standardizzati ed ampiamente utilizzati nei sistemi informatici.
ASCII Esteso
Per supportare caratteri aggiuntivi, come lettere accentate e simboli specifici di alcune lingue, è stato sviluppato l’ASCII esteso, che utilizza 8 bit per rappresentare 256 caratteri. Tuttavia, anche qui, non esiste un unico standard per l’ASCII esteso; ad esempio il sistema operativo Windows utilizza per caratteri quali à, é, ñ la codifica detta Windows-1252, parzialmente differente da quella ISO.
Unicode
Ma è l’Unicode oggi l’unico alfabeto esteso condiviso a livello globale, valido per testi, simboli e anche emoji (cd. faccine). Unicode è uno standard universale che assegna un codice univoco a ogni carattere, indipendentemente dalla piattaforma stessa, dal programma o dalla lingua.
È progettato per coprire tutti i sistemi di scrittura del mondo, con oltre 143.000 caratteri definiti (ad esempio, il simbolo dell’euro € ha il codice Unicode U+20AC).
Ma il carattere speciale viene sempre prima della lettera A o può finire dopo la lettera Z?
Posta questa necessaria premessa, ci si chiede se esista una regola che dispone che un carattere speciale debba necessariamente essere inserito in una elencazione che precede non solo la prima lettera dell’alfabeto, ma anche le numerazioni da 0 a 9, che tipicamente sulle autoradio anticipato le lettere.
Non è detto, anche se accade quasi sempre
La risposta non è univoca, perché dipende dal contesto e dallo standard di ordinamento che si usa.
Nello standard ASCII, i caratteri speciali (! ” # $ % & ‘ ( ) * + , – . / 0 1 2 … 9 : ; < = > ? @) vengono prima della lettera A. Unicode, per parte propria, rispetta per compatibilità l’ordine base ASCII nei primi 128 caratteri (anche qui, i simboli sono prima delle lettere latine maiuscole). Ma non si tratta di una regola condivisa, tanto che risultano casi di autoradio che relegano alla fine dell’elenco le stazioni che hanno il nome che inizia con un carattere speciale.
Il nodo dei comandi vocali
Ma il vero problema è un altro: molte case automobilistiche (come BMW e Mercedes) integrano comandi vocali nativi (“Hey BMW”, “Hey Mercedes”) che possono sintonizzare un’emittente sull’autoradio FM o DAB (ma non da Android Auto od Apple CarPlay, per ora), ovviamente partendo dal nome in elenco.
Casca l’editore
E qui casca… l’editore: può accadere che il sistema, riconoscendo il carattere speciale come parte inscindibile del nome della stazione, non sia in grado di somministrarla all’utente se non pronunciata per intero (“Hey BMW, metti Asterisco Radio Pinco Pallino“).
Occhio a quanto succede con Android Auto & Apple CarPlay
Poiché sui sistemi Android Auto ed Apple CarPlay (nativamente integrati sul 98% delle nuove auto negli Stati Uniti e nel 78% di quelle europee) la ricerca vocale è sempre più usata – anche se per ora per quanto riguarda i contenuti lineari radiofonici essa pare funzionare solo se è preinstallata l’app dell’aggregatore TuneIn sul dashboard o sullo smartphone con cui si effettua il mirrorlink col car entertainment system (perché TuneIn ha stretto legami specifici con Google ed Apple), è evidente che utilizzare denominazioni complesse (perché integrate da caratteri speciali) potrebbe comprometterne la funzionalità.
Dura minga
Quindi, al di là di auspicabili interventi da parte delle autorità preposte, è chiaro che la strategia per una efficace emersione in un’offerta così vasta da parte di emittenti che non godono di brand iconici, non può essere quella di artifizi transitori come i caratteri speciali, ma basata sulle tattiche di naming già utilizzate nel web, (in generale e nello streaming in particolare) ed in tv.
Nomen omen
Ciò attraverso denominazioni evocative del contenuto (cosiddetti marchi nomen omen) oppure le associazioni a nomi alias (integrazioni specificative date in pasto a sistemi di interazione, come nel caso delle skill di Amazon per interrogare gli smart speaker).
Name interceptor
Questione aggravata dal fatto che il nome della stazione è il primo intercettore dell’attenzione dell’utente sulle autoradio digitali che, non avendo una modalità di sintonizzazione che consente un ascolto immediato in sede di scansione, come avveniva con i vecchi dispositivi analogici con la rotella sulla scala parlante, ma solo agendo con un click.
Il delicato momento della scansione
In altri termini, per ascoltare il contenuto di una emittente nell’elenco, devo cliccarci sopra, non bastando scorrere lungo la barra della sintonia come accadeva un tempo. E’ quindi evidente che l’ascoltatore si fermerà solo sul nome noto o accattivante. Una condizione che, chiaramente, privilegia brand già metabolizzati, oppure marchi che sono in grado di rappresentare il probabile contenuto.
Patto di fiducia
Ovviamente a condizione che non sia tradito il “patto di fiducia” con l’utente: se al nome della stazione evocativo del contenuto non corrisponderà quest’ultimo, l’ascoltatore si sentirà preso in giro, bannando l’emittente nella successiva scansione.