Migrazione DTT: e adesso le locali scoprono il trappolone dei canali

Un canale non vale sempre l’altro in particolari territori. Lo sanno bene gli antennisti. Così, come al solito in ritardo, qualcuno comincia a sudare freddo


Gli editori tv locali, dopo essersi resi conto della sciagurata superficialità con cui è stata trattata una materia tanto determinante per il proprio futuro (editoriale, tecnico ed economico), cominciano a porsi proprio quei dubbi che su queste pagine esterniamo da tempo. Con quali criteri saranno assegnati i canali tv digitali, posto che a livello pratico (e nel contesto attuale) uno non vale certamente l’altro (a differenza che in FM), considerata la presenza di fattori contingenti rilevanti, quali la direzione delle antenne riceventi, la presenza di filtri nei centralini, si chiedono, invero con inscusabile ritardo, i medio piccoli editori?. Come verrà affrontata la spinosa questione dei numeri LCN (intanto i migliori se li sono già accaparrati i soli noti, in barba alle dormienti locali)?
Un conto è, infatti, pianificare un territorio come la Sardegna, tutto sommato scevro da particolari complessità radioelettriche (per collocazione geografica e per tipicità di punti di trasmissione, in gran parte invariati a prescindere dalla banda impiegata), un altro è intervenire in un inferno elettromagnetico come la Lombardia e i territori immediatamente confinanti.
In base a quale principio verranno assegnati i canali migliori (sulla base delle considerazioni precedentemente esposte)? Sull’audience, ancorando l’attribuzione ad un fattore meritocratico (chi è più gradito dal pubblico merita migliore visibità), suggerisce qualcuno. Troppo parziale, in quanto determinerebbe un’oligarchia creando un ghetto radioelettrico ed editoriale, obiettano i più. Chi venisse collocato su frequenze scarsamente ricevibili non avrebbe, infatti, (più) possibilità di emergere, mentre gli operatori sui canali migliori consoliderebbero ulteriormente posizioni dominanti, a nulla valendo la prevista opportunità di alleviare i disagi con l’attivazione di (peraltro costosi) impianti compensativi in SFN.
Alla fine, quasi tutti convengono che la soluzione più democratica sarebbe quella di alterare il meno possibile il quadro radioelettrico esistente, cioè assegnando, ove possibile (cioè compatibilmente con i vincoli internazionali), i canali già eserciti o comunque privilegiando la risorsa frequenziale più impiegata nel contesto di una rete di più impianti.
Diversamente, ci sarà da aspettarsi una miriade di ricorsi al giudice amministrativo di probabile accoglimento, che rischierebbero di rendere inattuabile nel suo complesso il programma governativo di switch-off progressivo.
Comunque sia, la vicenda ha, ancora una volta, mostrato la gigantesca debolezza del comparto delle tv locali nella partecipazione ai grandi giochi. E ciò in un periodo, come l’attuale, in cui l’informazione ed il confronto sono accessibili a tutti, così rendendo inscusabile un approccio approssimativo come quello adottato in occasione di una svolta epocale.
Insomma, gli editori locali si sono accorti (seppur con grande ritardo), che i propri interessi vanno gestiti in prima persona.
D’altra parte, una spiegazione ci sarà al fatto che, ormai, ai tavoli tecnici istituzionali le emittenti preferiscono partecipare direttamente attraverso propri consulenti (a proposito: sono state rese note le nuove date delle convocazioni presso Agcom).

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