Se per quanto attiene la tv terrestre la crisi economica sta semplicemente ultimando il lavoro iniziato dalla politica e proseguito dall’ottusità degli operatori televisivi locali, la partita che la radiofonia nazionale sta giocando è molto più strategica.
Beninteso, anche nel comparto del più antico medium elettronico la magra economica-finanziaria si fa sentire; solo che in questo caso essa pare più un’opportunità per ridefinire ambigui e poco gestibili assetti, che una fatale congiuntura. Nuovi equilibri che hanno cominciato a definirsi quando la (forse non casuale) latitanza delle indagini d’ascolto ha messo a fuoco chi andava a traino e chi brillava di luce propria. La necessità di accorciare la filiera della raccolta pubblicitaria ha poi provocato movimenti tellurici tra le principali concessionarie di pubblicità radiofonica all’esito dei quali si è acquisita consapevolezza che ora a comandare non è più chi ha (buoni) clienti, ma chi ha (validi) mezzi da offrire. Gli eventi illustrati sono propedeutici al terzo, decisivo, assestamento che avrà luogo di qui a qualche stagione, quando sarà definita la successione nella titolarità di un paio di emittenti nazionali di livello inferiore (in termini di audience) e la conclusione di almeno altrettante decisive alleanze commerciali. Giusto in tempo per arrivare all’appuntamento con la ripresa economica.