ore 21.15 – 23.00
Saluti istituzionali: Assessora alla Pace, Partecipazione e Cooperazione internazionale della Provincia di Milano
Interventi di:
Tana De Zuleta – vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari, membro della Commissione Difesa, giornalista, già inviata a Roma del Sunday Times e The Economist
Stefano Marcelli – presidente di Information Safety and Freedom, giornalista RAI
Martin E. Iglesias e Stefano Neri – curatori del volume
Scheda libro
La Colombia è da oltre quarant’anni in guerra. Solo negli ultimi 20 anni di conflitto sono morte almeno 70.000 persone, di cui la maggior parte civili. Oltre tre milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e costituiscono il più alto numero di sfollati interni al mondo, dopo le nazioni centroafricane. Il governo Colombiano, con l’aiuto economico degli Stati Uniti attraverso il cosiddetto “Plan Colombia” ha speso dal 1999 al 2005 oltre 10 miliardi di dollari nella guerra alle droghe, ma la produzione e l’esportazione di cocaina rimane una voce determinante nell’economia, seppur illegale, di questa nazione.
In questo contesto di guerra civile ininterrotta, l’informazione ha sempre rappresentato un nodo essenziale che i differenti attori del conflitto – guerriglieri, paramilitari, narcotrafficanti, esercito e politici corrotti – hanno cercato in tutti i modi di controllare, minacciando e punendo i giornalisti, e costringendoli, troppo spesso, all’autocensura, al silenzio o all’esilio.
Dal 1997 sono stati più di 120 i giornalisti uccisi, e seppure negli ultimi tempi la situazione sia leggermente migliorata, la libertà di stampa e di espressione nel Paese rimane sotto minaccia costante. Una minaccia che ha molti padrini ma un solo volto: quello dell’iniquità eletta a sistema.
Il libro offre una raccolta di testimonianze, interventi e interviste, anche a carattere esclusivo, di professionisti dell’informazione colombiani, tra i quali Mauricio Beltran, Daniel Coronell, Ignacio Gomez, Jenny Manrique, Hollman Morris, Alberto O. Restrepo, Javier Darío Restrepo, German Rey, Manuel Rozental.
Il libro è nato dalla collaborazione tra Information Safety and Freedom – Osservatorio Selvas.org – Traduttori per la Pace.
Con il patrocinio della Provincia di Milano – Assessora alla Pace, partecipazione, cooperazione internazionale
Chi è Hollman Morris
Ha deciso di diventare giornalista dopo aver visto soffocare nella violenza le aspirazioni giovanili della sua generazione, silenziate dalla paura e dalla morte di molti, e tra loro tre leader politici nazionali nei quali molti colombiani avevano riposto le speranze: Luis Carlos Galán, Bernardo Jaramillo e Carlos Pizarro. Ha sentito la necessità di avvicinarsi alle ragioni di tante morti, scoprire gli autori, i loro contesti e le loro verità., laureato alla Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá, e oltre aver lavorato nella stampa come caporedattore al quotidiano El Espectador, la maggior parte delle sue cronache le ha diffuse attraverso la televisione per oltre 15 anni. È stato reporter per vari telegiornali nazionali e attualmente è il direttore del programma Contravía, trasmesso dall’emittente Canal Uno, minacciato costantemente dalla mancanza di finanziamenti. Il lavoro di Hollman Morris, a parte i numerosi premi e riconoscimenti, gli è costato numerosi problemi. Il 16 maggio 2005, appena una settimana dopo la messa in onda del suo reportage su la strage di Toribío – La guerra en el Cauca -, ha ricevuto alcune corone funebri di fiori sulla porta del suo appartamento, annunciando la sua morte. Non era questa la prima volta che succedeva: nel 2000 ha dovuto andare in esilio in Spagna, dove nacque la sua prima figlia. Questa volta, nonostante le minacce e le intercettazioni telefoniche, continua a produrre il suo programma. Grazie al suo lavoro di giornalismo di denuncia, dedicato alla difesa dei diritti umani e alla visibilità delle vittime, ha ricevuto vari riconoscimenti tra i quali il “Premio Nacional India Catalina” come migliore programma giornalistico (2004), il Premio Nazionale di Giornalismo Simón Bolívar come miglior cronaca (2004), il premio Hellman-Hammett di Human Rights Watch (2005), il premio Internazionale per la Libertà di Stampa (2006) dell’Associazione Giornalisti Canadese per la Libertà di espressione (CJE la sigla in inglese) e nel febbraio 2007 il Premio del Circolo dei Giornalisti di Bogotà al miglior programma televisivo.