AT&T, dopo che l’acquisizione di Time Warner gli è costata non uno, ma ben due occhi della testa, cerca di recuperare qualche dollaro alzando il prezzo base del suo servizio di streaming DirecTVNow di $5 al mese, nonostante abbia dichiarato all’Antitrust che l’acquisizione di TW avrebbe comportato sinergie con effetto di una diminuzione del costo abbonamento.
La “Death Star Company”, come viene chiamata AT&T per il suo logo incredibilmente simile alla nota stazione di battaglia di Darth Vader, ha confermato a fonti giornalistiche l’aumento dei prezzi ed ha dichiarato di aver iniziato ad informare i clienti dell’aumento. “L’aumento di $5 entrerà in vigore il 26 luglio per i nuovi clienti e varierà per i clienti esistenti in base alla loro data di fatturazione”, ha dichiarato un portavoce dell’azienda.
Ecco il listino attuale del servizio streaming che oltre a contenuti on demand, aggiunge i flussi dei broadcaster lineari.Si passa da 35 dollari/mese (che diventeranno 40$ dopo il 26 luglio) per il pacchetto da 155 canali ai 110 dollari/mese (115$ dal 26 luglio) per il premium con 330 canali. Il pacchetto NFL della domenica, fondamentale in USA come lo è la Serie A in Italia, è incluso a partire dall’abbonamento di 50 dollari al mese.
Continua il portavoce dell’azienda: “Per continuare a fornire la migliore esperienza di streaming possibile sia per i clienti nuovi che per quelli esistenti, stiamo portando il costo di questo servizio in linea con il mercato, che inizia con un prezzo di $ 40″
In una audizione di fronte all’Antitrust del Senato USA, tenuta il 07/12/2016, Randall Stephenson, CEO della AT&T, dichiarava che l’acquisto di Time Warner permetteva un miglior margine di negoziazione con i fornitori di contenuti e che tale margine sarebbe stato a beneficio degli utenti permettendo maggior flessibilità di offerta. Tale dichiarazione veniva rafforzata in una lettera ai dipendenti .
In altre audizioni, alle preoccupazioni dell’Antitrust, ed al processo dalla stessa intentato per cercare di bloccare il merger, la Compagnia rispondeva molto aggressivamente, sostenendo espressamente che la fusione avrebbe diminuito i prezzi al consumo. A riprova dell’aggressività ecco un estratto della memoria conclusiva:
Notate:
• government in minuscolo;
• “came nowhere close to proving” non si è nemmeno lontanamente avvicinato a dimostrare;
• “concrete evidence…. Not conjured crystal-ball prognostication” – prove concrete….. non illusorie profezie da sfera di cristallo.
Uno stile duro e aggressivo, non solito per lo studio legale (che l’estensore di questo articolo conosce bene) O’Melveny & Myers, lo studio che ha difeso il merger di fronte al Southern Federal District di New York.
Alla fine il giudice federale, Richard Leon, si è schierato con AT&T, e la fusione è stata autorizzata e completata il 15 giugno scorso. Meno di un mese e primi aumenti di prezzo. Inoltre, alla faccia della promessa di maggior uso del content in ambito mobile, è stata tolta HBO dai piani mobili di AT&T; niente Trono di Spade se non paghi l’extra!
Inutile dire che l’Antitrust sia parecchio arrabbiata e sta valutando azioni; conoscendo i consumatori americani, non mi stupirei che si aggiunga anche una class action.
Staremo a vedere e vi informeremo sulle battaglie che stanno cambiando drasticamente il panorama televisivo mondiale. Nel frattempo i FAANG (Facebook, Apple, Amazon, Netflix, and Google) stanno tranquilli, business as usual. Ma qui siamo sicuri che a brevissimo ci daranno molto da scrivere. (P.I. per NL)