La portata del disastro OVH di ieri si palesa più ampia del previsto. Come aveva anticipato NL, si prospetta infatti la possibilità di una perdita di dati. Almeno di quei clienti appoggiati sull’edificio (building) SBG2 andato distrutto e back-up sull’adiacente SBG1, compromesso per il 30%.
Klaba (CEO): ripristino non prima del 15 marzo….
Nella serata di ieri, il CEO di OVH Octave Klaba ha chiarito la (gravità della) questione.
Il data center di Strasburgo, composto da 7 edifici (in senso lato, essendo costituiti da container sovrapposti), non è ancora stato ripristinato. Anche nelle sezioni non intaccate dall’incendio (SBG3 e SBG4) e ciò in quanto lo è invece stata quella elettrica.
… ma completato solo al 19 marzo
Secondo OVH, SBG1 e SBG4 potrebbero essere ripristinati entro lunedì 15 marzo e SBG3 entro il venerdì successivo (19 marzo). Poi ci sarà la ricostruzione ex novo di SBG2, totalmente bruciata. Tempi lunghissimi per le esigenze di clientela web, che rischiano di determinare colossali danni economici.
There is no cloud: it’s just someone else’s computer
Se gli utilizzatori (che non avevano sottoscritto accordi specifici di conservazione dati) non disponevano di ulteriori copie del proprio database (cosa che avviene nella stragrande parte dei casi per eccessiva fiducia nel cloud), è possibile che molti dati siano andati irrimediabilmente perduti.
Forse un milione di siti/servizi coinvolti
Soprattutto quelli di molti siti minori, considerato che si stima che siano un milioni quelli coinvolti dal disastro.
Questione di credibilità
Al di là delle conseguenze economico-commerciali dell’evento, destinato certamente ad impattare pesantemente sul futuro quantomeno immediato di OVH (sulla cui lungimiranza tecnico-logistica si stanno adombrando pesanti ombre), la vicenda impone importanti riflessioni.
Google, Amazon e Microsoft assediati da richieste di clienti OVH?
Intanto ad uscirne distrutta non è solo l’infrastruttura tecnica del centro dati francesi, ma la sua credibilità come competitor di AWS (Amazon), Microsoft Azure e Google Cloud. Alternativa nel recente passato esaltata (peraltro infruttuosamente) dalla politica francese.
La Francia a supporto?
E dato che il disastro di OVH (che solo due giorni prima aveva annunciato la decisione di quotarsi) mina non solo l’immagine del player, ma anche quella della tecnologia francese, è molto probabile un intervento politico-mediatico a supporto.
Fuga della clientela?
Il rischio che l’hosting francese, coi suoi 27 data center tra Europa, Nord America e Asia Pacifico, possa essere oggetto di una fuga di clientela (più o meno rilevante) spinta dalla fase emotiva della vicenda è infatti più che probabile.
Effetti commerciali a breve termine
E’ abbastanza scontato che molti clienti di OVH valuteranno altri fornitori, che sicuramente inneggeranno a maggiori garanzie di sicurezza. Non si può, pertanto, escludere che il 2021 possa diventare l’anno nero di OVH. Non solo per il danno infrastrutturale in sé (probabilmente anche il minore), ma per i deleteri effetti commerciali che potrebbero derivarne.
Azioni legali
Si profilano infatti all’orizzonte azioni legali anche pesanti da parte di clienti importanti (a loro volta chiamati in causa dagli utilizzatori finali) in caso di dati irrecuperabili (pensiamo agli archivi dell’editoria online, ai siti di e-commerce, a quelli istituzionali).
Contratti insufficienti a mettere al sicuro da richieste danni
“Non bastano contratti stringenti in presenza di eventi di questa portata. Occorre verificare che OVH abbia operato correttamente sul piano tecnico. Adottanto ogni contromisura per scongiurare disastri. E dalle prime illazioni sembra che qualche perplessità sul punto ci sia. In primo luogo proprio a riguardo della possibile limitazione dei back-up al sito adiacente. Soluzione non proprio brillante, se fosse confermata. Considerato che l’evento incendio è normalmente uno dei primi ad essere previsti in un data center“, spiega a NL l’avvocato Stefano Cionini di MCL Avvocati Associati, law firm che cura in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia.
Cosa insegna il disastro OVH
La prima lezione attiene all’importanza di piani di disaster recovery che in troppi hanno sin qui sottovalutato. Si è infatti scoperto che in tanti casi questi non solo non erano efficaci, ma spesso non esistevano affatto.
Serve (almeno) una seconda… terza parte
La seconda va ricondotta alla sicurezza dei dati: affidarsi ad un’unica terza parte (per quanto considerata affidabile), non basta. Occorre – ci si perdoni il gioco di parole – averne quantomeno una seconda. Completamente distinta.
Incetta di risorse sul mercato
“Stiamo riscontrando un problema di indisponibilità di risorse e di difficoltà di gestione dei domini. In pratica i migliaia di clienti come noi che sono vittime del grave incendio del data center di Strasburgo, stanno tutti acquistando e spostando servizi su altri in tutta Europa”, fa sapere Newradio, uno dei più importante provider di servizi di streaming audio/video italiani.
Problemi a catena
“I tempi di consegna del materiale sono diventati lunghissimi a causa della scarsità delle risorse per affrontare una mole di migrazioni così imponente. Abbiamo decine di server in coda di attivazione per sostituire quelli distrutti dall’incendio.
Latenza
Attivazioni che normalmente fanno attendere anche solo pochi minuti, stanno impiegando ore ed ore. Inoltre anche le infrastrutture di controllo della rete, degli IP e dei domini sono fortemente rallentate e risulta difficile e lentissimo fare anche le cose più semplici che impiegano normalmente pochi secondi“, conclude Newradio. (aggiornamenti qui) (E.G. per NL)