Media & Potere. L’Espresso vs Berlusconi: ora le contromosse

In guerra, si sa, tutto è permesso. E la guerra, in questo caso, è partita lo scorso maggio, allorchè i mastini del gruppo L’Espresso avevano deciso di "rinfrescare" l’immagine del premier. Ovviamente ragioni di strategia politica hanno avuto il loro peso ma, con ogni probabilità, il buon De Benedetti, d’accordo coi Mauro e gli Scalfari, avrà pensato che il metodo migliore per indebolire un avversario politico così potente e così “pop”, perseguendo contemporaneamente l’obiettivo d’incrementare il numero di copie vendute, fosse quello di colpirlo, di fargli scacco, su un terreno propizio: l’informazione scandalistica. Così se ne sono viste e lette di tutti i colori: da minorenni a sedicenti escort, da mogli affrante a ipotizzati giri di droga, da feste e festini a nudi integrali di ex capi di Stato, il tutto per convergere su un unico obiettivo (politico): far passare Berlusconi per un “contaballe”; per uno di cui è bene non fidarsi. Alla fine della fiera, l’attacco c’è stato, violento, e i risultati anche, seppur meno forti di quanto forse ci si attendeva (Berlusconi ha tranquillamente passeggiato sul Pd alle Europee, nonostante la vistosa perdita di consensi). Ciò che era lecito attendersi, in un mondo dove le battaglie si combattono a suon di media e in un paese dove il leader del governo controlla metà di essi, si sta avverando in questi giorni, con le contromosse del mondo berlusconiano. Per contrastare Repubblica, L’Espresso & C. occorreva mettere in campo qualcuno attrezzato per ammortizzare l’urto, elaborarlo e rispedirlo al mittente sotto forma di cavallo di ritorno. Quest’uomo era senza dubbio Vittorio Feltri, vecchia volpe e antico cavallo di razza, sposato alla causa berlusconiana sin dai tempi della “discesa in campo”. Feltri, 66 anni, ha lasciato (pare senza indugio) la direzione della sua creatura, Libero, per ritornare laddove la sua love story con il premier era iniziata, ossia al Giornale, creatura che, è bene ricordarlo in tempi bui come questi, fu fondata dal grande Montanelli. Un ritorno alla base con un duplice obiettivo: rafforzare il Giornale, forse anche a costo di cannibalizzare Libero, e sferrare un attacco violento ai responsabili dell’aggressione al leader. Feltri, dicevamo, ha risposto "presente!" e dal 24 agosto inizierà la sua seconda avventura al Giornale. Non troppo difficile pensare quali saranno i suoi primi obiettivi: L’Espresso, i giornali di sinistra, coloro che hanno accusato il Cavaliere di essere un “mignottaro”. I partiti di sinistra, quelli no, quelli non ce n’è bisogno: se la danno da soli la zappa sui piedi (tra poco eleggeranno, con tutta probabilità, un parruccone che difficilmente porterà un briciolo di innovazione). L’assoldamento di Feltri al Giornale (della serie quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo) ha provocato e determinerà nei prossimi giorni un giro di vite per cui tante poltrone dell’impero berlusconiano cambieranno occupante. Quella di Libero, rimasta scoperta, andrà all’attuale direttore di Panorama, Belpietro, che non aveva fatto faville al settimanale Mondadori. Colui che, invece, lascerà il posto a Feltri, ossia il giovane cattolico forse ancora un po’ inesperto in queste faccende, Mario Giordano, avrà una sedia importante, che potrebbe essere addirittura quella del tg di Canale 5. Mentre l’attuale direttore del tg di punta del Biscione, il girovago e oramai un po’ attempato e (soprattutto) poco combattivo Clemente Mimun, sarà dirottato probabilmente alle fiction, laddove è venuto a mancare Saccà, prima avvisaglia del turbine di “puttanopoli” che imperversa dallo scorso maggio. Insomma, i cavalli sono pronti a riprendere la guerra dopo la breve sosta estiva. Sarà una guerra violenta, c’è da giurarci, dove a perdere saranno probabilmente e purtroppo, ancora una volta, gli italiani, il giornalismo e la sua oramai più che compromessa credibilità. (Giuseppe Colucci per NL)

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