Vento favorevole in casa News Corp, il colosso statunitense dell’editoria che, tra i suoi clienti, annovera alcune tra le più prestigiose testate a livello mondiale (si pensi solo al Wall Street Journal e al The Sun).
Secondo dati riportati, tra gli altri, dal quotidiano Italia Oggi, lo scorso dicembre il gruppo ha chiuso il trimestre con un aumento dei ricavi pari al 3%, che corrispondono ad un incremento di ben 2,2 miliardi di dollari. Indubbiamente, un ruolo chiave in questa risalita è giocato dal traino degli abbonamenti digitali, con 71mila nuove sottoscrizioni al Wsj.
La testata, complessivamente, conta ad oggi ben 1,4 milioni di utenti online attivi. Essi hanno provvidenzialmente compensato il calo pubblicitario che ha interessato la stessa News Corp, la cui raccolta è, infatti, drasticamente scesa del 6%.
Questo trend positivo ha, di conseguenza, generato consenso sull’andamento dell’editrice guidata da Rupert e Lachlan Murdoch. Da sempre nel campo della comunicazione, con le sue attività di editore multimediale Rupert Murdoch si può considerare un pioniere del settore e, ricoprendo da anni una posizione di dominanza sul mercato, non ha mai tenuto nascosta la sua avversione verso i colossi del web e il loro modo di utilizzare e diffondere i contenuti e le informazioni. Restando ancorato alla sua posizione critica, dunque, Murdoch aspira ad ottenere una rivalsa sull’uso incontrollato ed indiscriminato dei contenuti, chiedendo che Over the top come Facebook e Google paghino per le news di cui si servono.
La testata online Corriere e Comunicazione riporta le dichiarazioni del patron di News Corp, recentemente rilasciate in una nota diffusa alla stampa americana: “Facebook e Google hanno fatto la fortuna di fonti di notizie senza alcuna credibilità grazie ad algoritmi che sono molto profittevoli ma ben poco affidabili. Riconoscere il problema è un conto, ma i rimedi che entrambe le aziende hanno finora proposto sono inadeguati da ogni punto di vista: commerciale, sociale e giornalistico”. La soluzione, secondo Murdoch, sarebbe l’introduzione a carico delle aziende web di un abbonamento agli editori, ovvero di una carriage free (sorta di licenza che le tv americane pagano per trasmettere i canali che aggregano sulle loro piattaforme). “Devo ancora vedere una proposta che riconosce l’investimento nel giornalismo di qualità: le web company paghino gli editori per i contenuti”.A distanza di pochi giorni, l’affondo di Murdoch ha trovato sostegno nelle dichiarazioni rilasciate da Robert Thomson, CEO del gruppo News Corp: secondo quanto riportato dalla testata online del quotidiano “La Repubblica”, Thomson ha sostenuto: “I potenziali ricavi del nostro giornalismo sarebbero ben più elevati se il contesto digitale fosse meno caotico e compromesso”.
Questi commenti, tuttavia, giungono in seguito ad un annuncio di Mark Zuckerberg che, alla luce della spinosa questione delle fake news, ha dichiarato che degli sforzi da parte di Facebook saranno compiuti, intervenendo al fine di ridurre la mole dei contenuti pubblici accessibili attraverso le sue piattaforme, con particolare attenzione verso notizie, video e post dei singoli brand. Un passo indietro che costituirebbe, al contempo, un punto di partenza per una potenziale inversione di rotta.Ciò che Murdoch sostiene perentoriamente da tempo, quindi, è che la credibilità delle fonti ha un suo proprio valore, non soltanto professionale ed etico, ma soprattutto economico. E il mondo dei social, così sfuggente e frammentario, appare sempre più messo alle strette al riguardo, seppur la strada verso il riconoscimento di una vera e propria disciplina giuridica del settore è ancora lunga e complessa. (A.C. per NL)