Chi pensava che l’incidente al data center di OVH di Strasburgo fosse alle spalle e la situazione si fosse normalizzata col ripristino integrale dei servizi ha dovuto ricredersi. Il 19 marzo i vigili del fuoco sono nuovamente intervenuti in loco. Ed i servizi sono stati ancora una volta bloccati.
Onde tem fumaça, tem fogo
Nella serata del 19 marzo è stato rilevato del fumo provenire nel building SBG1. Cioè la costruzione sopravvissuta l’incendio pur con parziale danneggiamento, la cui funzionalità era stata ripristinata.
Vigili del fuoco e precauzioni
Sono stati pertanto avvertiti i vigili del fuoco e per precauzione è stata disattivata l’alimentazione sia di SBG1 che di SBG4 con la conseguenza che tutti i servizi ivi collocati sono andati nuovamente offline. Anche il personale è stato evacuato.
Ancora gli UPS al data center
I vigili del fuoco hanno rilevato il potenziale focolaio nella stanza degli UPS (supporti già probabile fonte del disastroso incendio di 10 giorni fa).
Che non si trattasse di un problema di poco conto emerge dalla dichiarazione che due addetti alla sicurezza hanno inalato fumo e pertanto sono stati esaminati da personale medico. Quindi non odore di bruciato, ma fumo pesante.
Gli SBG interessati
Ricapitolando: l’incendio del 10 marzo ha distrutto completamente l’edificio SBG2, intaccato SBG1 e teoricamente lasciati intatti SBG3 e SBG4. In teoria, perché, come abbiamo visto, le cose potrebbero essere più complicate.
Tanto che OVH starebbe valutando di delocalizzare i server di SBG1 e SBG4 nel data center di Roubaix, farm di concezione più moderna e quindi sicura.
Inattività dei servizi
Naturale conseguenza di uno scenario di questo tipo è che molti servizi già compromessi con l’iniziale incendio dovrebbero rimanere inattivi ancora per giorni. Parliamo degli utenti che naturalmente non hanno già deciso di cambiare fornitore. Decisione che sarebbe già stata assunta in molti casi.
La concorrenza e la ridondanza
Anche perché i concorrenti non sono stati con le mani in mano ed hanno approfittato del default di OVH per promuovere campagne pubblicitarie fondate sui principi di sicurezza e ridondanza delle loro offerte.
Immagine compromessa
Nonostante la disponibilità di OVH di supportare i clienti in panne, ovviamente gratuitamente, la sensazione è che l’immagine sia compromessa e difficilmente sarà possibile scrollarsi di dosso la nomea di servizio low cost di bassa affidabilità. Quantomeno nel breve periodo.
Il punto di vista dell’esperto
Ne parliamo con Giorgio Barinetti, datacenter designer & network engineer, già intervenuto sulle pagine di NL in occasione del blocco degli streaming per iniziativa dell’Autorità Giudiziaria italiana agli inizi di novembre 2020.
Chi e cosa ha sbagliato
Abbiamo chiesto a Barinetti cosa ha sbagliato chi è rimasto fermo nel disastro OVH.
“È vero: OVH non è un data center TIER4. Ma è comunque un discreto DC TIER3+. Ciò non toglie che sia sempre stato – dichiaratamente – un approccio quick-cheap-dirty”,ci spiega Barinetti.
DATA4
“Fare data center come DATA4 (esaminateli: sono interessanti) costa tantissimo. E molto costa metterci un server e connetterlo ad Internet. Strutture “economiche” come quelle di OVH costano molto meno. Ma chiaramente espongono a rischi maggiori.
Distanziamento protettivo
Le soluzioni ad alta ridondanza “sono pensate da subito nell’ottica del rischio, essendo distribuite geograficamente. Qui sta il segreto e la chiave di lettura: qualsiasi data center può fallire. Dalla semplice mancanza di una delle due alimentazioni (in un data center ci sono 2 alimentazioni separate, non semplicemente due interruttori), al fuoco, fino ai disastri naturali.
Sta a chi ci mette i dati prendere le precauzioni per non perderli. Non al data center. Salvo diversi accordi
Il data center provider farà di tutto per proteggere la propria infrastruttura. Ma sta a chi ci mette i dati prendere le precauzioni per non perderli. Non al data center. A meno che non si affitti un servizio specifico. Chi l’ha fatto, con OVH od organizzandosi autonomamente, attuando il mirroring dei propri server, non ha perso nulla.
Disaster Recovery geografico
La soluzione per scongiurare eventi di questo tipo è il Disaster Recovery geografico, cioè un backup offsite dei server. Le tecnologie di virtualizzazione lo permettono da tanti anni. Fare infrastruttura, sia per lo streaming A/V che per i servizi, non vuol dire comprare un server da OVH senza backup a 50 euro al mese e lamentarsi di aver perso tutto perché il data center è bruciato.
Punti di vista
Chi la pensa così dovrebbe rivedere il proprio punto di vista e confrontarsi con le attuali tecnologie che permettono di implementare soluzioni di DR praticamente seamless a basso costo”, conclude Barinetti. (M.L. per NL)