La grande fusione tra la prima e la terza rete televisiva francese, Tf1 e M6 (rispettivamente alle LCN 1 e 6) non si farà. Dopo oltre un anno dall’annuncio, venerdì 16 settembre l’Autorità per la concorrenza ha infatti vincolato il proprio benestare a una condizione paradossale, motivandola anche con un’interessante argomentazione che impatta gli OTT.
Tf1 e M6
Newslinet è tornata ripetutamente su questa operazione. La storia di M6 e un background sulle motivazioni per le quali il gruppo RTL guidato da Bertelsmann aveva deciso di mettere sul mercato la rete è stato da noi pubblicata nel marzo 2021. Il valore del canale era allora stimato in 3 miliardi di Euro
Tf1
La famiglia Bouygues, proprietaria della prima rete francese Tf1 (lo storico canale statale ORTF 1, privatizzato nel 1975) era stata ai tempi la miglior offerente, proponendo un ambizioso piano di fusione societaria che lasciava invariati i due brand e le rispettive LCN.
Fusione
L’operazione era stata annunciata al mercato nel maggio del 2021. Al fine di ottenere lo sperato semaforo verde da parte dell’autorità, Bouygues si sarebbe accontentata del 30% delle quote, lasciando un 12% in mano a RTL e collocando in borsa le parti restanti.
Consultazioni e dossier da 400 pagine.
Nell‘intervista del 19 settembre 2022 su BFM Business, il presidente dell’Autorità, Benoît Cœuré, ha spiegato come durante l’estate 2022 abbiano avuto luogo numerose consultazioni con le società interessate, le reti concorrenti, le agenzie pubblicitarie e perfino i creatori di contenuti. Il tutto ha dato luogo a lunghi documenti e contro documenti “ciascuno di oltre 400 pagine“.
Niet
Venerdì 16 settembre le due società sono state infine convocate per la risposta. Potremmo definirla un niet (anzi: “non“), non fosse che quanto comunicato è stato invece un sì che sa di presa in giro.
Ok alla fusione, se vi separate
Le società possono procedere alla fusione delle proprie attività (le cui principali sono TF1 e M6) se si impegnano a vendere “almeno” una delle due reti, TF1 o M6. Ovvio dunque che queste abbiano immediatamente annunciato la rinuncia all’operazione.
Le motivazioni
Le motivazioni addotte sono numerose. La più prevedibile e scontata è relativa alla quota dominante nel mercato della pubblicità: i due gruppi insieme raccolgono infatti il 70% degli investimenti pubblicitari televisivi d’oltralpe.
OTT
Più interessante una delle tesi comunicata nella seduta di venerdì: Cœuré ha infatti rigettato l’argomentazione portata avanti dalle due reti generaliste, far fronte all’attacco degli OTT e il loro ingresso nel mercato pubblicitario.
Universi paralleli
“Si tratta di due mercati totalmente differenti“, sono le parole riportate dalla stampa francese. “Le piattaforme on-demand sono nell’universo della pubblicità mirata, mentre le reti in chiaro in quello della pubblicità indifferenziata”.
Nessuna minaccia
Gli OTT – che recentemente si stanno lanciando proprio nei piani di abbonamento supportati da spot – non rappresenterebbero dunque una minaccia alla raccolta pubblicitaria dei due pretendenti sposi. Una motivazione poco convincente, considerato che il futuro (anzi: il presente) è proprio nella targettizzazione spinta dei messaggi.
Quote di mercato
Oltretutto ci sembra che il problema della quota di mercato da sola sarebbe bastata ampiamente a giustificare il no.
Piano B
Quale dunque il piano B di Bertelsmann? Pare si intenda ripartire dal via: le proposte a suo tempo avanzate da Vincent Bolloré, Xaviel Niel e dall’italiana Mediaset.
La Cinq plus 1
Chissà che ai tanti francesi ancora nostalgici l’anno nuovo non porti in dono un remake di un canale che ha fatto la storia dell’emittenza francese: in diretta da Cologno Monzese, La Cinq plus 1. (M.H.B. per NL)