Il digiuno prepasquale le emittenti radio e (soprattutto) tv locali minori lo hanno già ossequiato a seguito di un’inscusabile sottovalutazione politica che le ha condotte a farsi scippare la borsa dei contributi sotto il naso.Questa la brutta notizia. Quella buona, è che il settore radiotelevisivo sta vivendo una rinnovata euforia. Contenutistica, per quanto riguarda il DTT, dove l’imminente sbarco di nuovi prodotti di qualità su scala nazionale (LCN 20, 45 e 120, in primis) e locale testimonia l’acquisita consapevolezza che la fornitura di contenuti (come del resto era logico che fosse) è il solo, vero, core business di chi fa tv, mentre il network providing s’avvia ad essere appannaggio di pochi grandi ed organizzati operatori declinati su scala nazionale e regionale (a regime, max 50 in tutta Italia). Tecnologica, per quel che attiene al medium radio, che sta prendendo coscienza di una indispensabile ibridità per il passaggio dall’era analogica a quella digitale. Con una FM dall’aspettativa di vita residua di 15 anni ed un sistematico calo dei valori delle frequenze tra il 5 ed il 10% annuo, chi vuol continuare a far radio seriamente sa che occorre presidiare le diverse piattaforme digitali: Ip (webcasting), DTT (radiovisione e simulcasting audiografico), sat (anch’esso simulcasting e audiografico) e DAB+. Questa è la cioccolatosa sorpresa.