Ed infine lo scontro, come prevedibile, arrivò nel campo dei rapporti politici ed economici.
Se una delle aziende globalmente più redditizie decide di abbandonare il mercato potenzialmente più redditizio del pianeta, in un modo o nell’altro è facile che si vada a finire nel campo delle relazioni internazionali. Se poi il Paese l’azienda in questione viene dagli Stati Uniti d’America ed il mercato è quello cinese, beh bisogna andarci piano.È successo tutto in questa settimana. Google, in seguito alla scoperta dell’intrusione di pirati informatici cinesi nei propri sistemi per aver accesso a dati personali dei suoi utenti, ha deciso di abbandonare il mercato cinese, se questo non deciderà di abolire i filtri che rendono il Google modello cinese una versione pesantemente censurata rispetto a quelle dei Paesi democratici. La prima mossa dell’azienda di Montain View è stata quella, in divergenza con gli accordi precedentemente presi con Pechino, di annullare i filtri e rendere Google cinese, per una volta, accessibile nella sua interezza agli utenti del colosso asiatico. Il governo, per bocca di un suo portavoce, ha fortemente condannato la decisione. Le aziende straniere sono le benvenute in Cina – avrebbe detto Jang Yu – purchè rispettino le leggi cinesi. E non solo: il ministro dell’Ufficio informazioni del consiglio di Stato, Wang Chen, ha successivamente sostenuto, nel condannare i contenuti dei siti ritenuti proibiti, che è in Cina “necessario guidare l’opinione pubblica”. Affermazioni che avrebbero fatto trasecolare qualunque sostenitore della democrazia. Per il momento, intanto, tra Montain View e Pechino resta il gelo. Tra l’altro Google era da sempre una delle aziende su cui era stata fatta maggior pressione perché abbandonasse il mercato cinese, da parte di associazioni di tutela della libertà d’espressione, come la francese Reporters sans Frontiers. Assieme a Yahoo, Microsoft ed altri grandi produttori mondiali di tecnologia, comunicazione ed informazione, a google era stato chiesto di dare un forte segnale contro il mancato rispetto dei diritti all’informazione ed alla libertà d’espressione, boicottando il seppur sterminato cinese. Che la volontà di mandare un forte messaggio in tal senso abbia contribuito alla decisione dei vertici di Google? Possibile, ma difficile crederlo. Intanto, alla notizia, da Microsoft hanno fatto sapere che loro non hanno, invece, nessuna intenzione ad abbandonare la Cina. Figurarsi, con gli introiti che ricavano, se ne guardano bene! Stamane, intanto, con la querelle ancora in pieno svolgimento, da Pechino hanno tenuto a precisare che il problema con Google non intaccherà minimamente i loro rapporti economico-commerciali con gli Stati Uniti (è notizia degli ultimi giorni, lo storico sorpasso in testa al mercato automobilistico, che ha cancellato per la prima volta il secolare primato Usa). Al contrario, però, da Washington fanno sapere che è troppo presto per valutare quale posizione assumeranno rispetto alla questione. “Mi sembra che i principi che sta sostenendo Google non siano importanti solo dal punto di vista della libertà e dei diritti, ma che abbiano anche una considerevole importanza economica” – ha detto Lawrence Summers, uno dei consiglieri economici della Casa Bianca – “ma credo sia ancora presto per valutare quali effetti ci potrebbero essere”. Lo stesso Obama, che anche durante il suo ultimo viaggio in Cina aveva discusso della problematica dei blocchi importi da pechino alla rete, ha fatto sapere tramite il suo portavoce che continuano ad essere “convinti sostenitori della libertà per internet”. Un importante segnale sarebbe quello di sostenere Google qualora dovesse decidere di portare avanti il muro contro muro con pechino. Solo in questo modo, rinunciando a qualcosa di così economicamente importante per amore della “libertà per internet” si potrebbe davvero cambiare il mondo. (L.B. per NL)