Ci sono essenzialmente due ragioni alla base della moria dei siti d’informazione (nel senso più ampio del termine) e dei blog news oriented.
E sono le stesse che hanno condotto alla chiusura delle prime radio libere (nel senso più stretto del termine). Lo smarrimento dell’entusiasmo iniziale e il fatale confronto con l’energia da largire all’attività (sia essa consistente nel tempo da destinarvi o, per i progetti più strutturati, nelle risorse economiche). Così, se almeno il 50% degli informatori non professionali, semiprofessionali o non finanziariamente solidi, molla il colpo entro i primi cinque anni d’esercizio, non va meglio ai blog (emblema della libera espressione del pensiero sul web), che, tranne rare eccezioni, dopo qualche tempo iniziano ad essere sempre meno aggiornati, fino a divenire relitti abbandonati nel cyberspazio in attesa di inabissarsi per sempre. Più o meno quel che accadde alle radio “libere” italiane, esplose in prevalenza tra il 1975 ed il 1980. Esperienze straordinariamente creative, ma anche spesso improvvisate. Farfalle mediatiche condannate ad una vita stagionale.