L’industria dei media in Italia ha un ritmo di crescita che “straccia” il Pil

Dal nono rapporto Iem emerge una crescita che, negli ultimi vent’anni, ha quadruplicato il fatturato del settore


E’ oramai affermata come l’industria più florida del Paese, ha un tasso di crescita decisamente superiore a quello del Prodotto Interno Lordo italiano, con un fatturato totale del settore che raggiunge i novantasette miliardi di euro. Esattamente vent’anni fa erano meno di un quarto (24,6 mld). Secondo il nono rapporto Iem (Istituto economia dei media), della fondazione Rosselli, il mercato dell’intero comparto-comunicazione cresce a dei ritmi vertiginosi, consolidandosi sempre di più come leader nel settore industriale del nostro Paese, come, d’altronde, sottolinea il vice premier e ministro per i beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, intervenuto al quarto summit sull’industria della comunicazione in Italia, tenutosi a Roma, presso gli uffici della Camera di Commercio. Il settore, scomposto in due macromercati (Ict e media), ha fatto registrare un aumento del 3%, nell’anno 2005, rispetto al precedente; in particolare, ancora un dato “spaventoso” per quel che riguarda la telefonia (mobile, fissa e servizi correlati), con un balzo del 50% nell’arco di un solo anno, ed un fatturato che sfiora i 950 milioni di euro. Crescono, ma comprensibilmente in maniera minore, anche i comparti dei contenuti informativi, con un +4% nella stampa periodica, un +7,3% nella televisione e, addirittura, un’impennata del 16% nel “settore” videogiochi. In calo, altresì, musica e cinema, entrambi in trend negativo da alcuni anni, sintomo di un malessere, ma soprattutto di una serie di “vie alternative” che le rete ha introdotto nel mercato della fruizione dei contenuti che essi offrono. A tal proposito, Rutelli rassicura: “L’audiovisivo, come l’innovazione tecnologica, rappresentano la prima industria del Paese. Compito del governo è attuare riforme e leggi cornice che permettano loro di continuare a crescere”. Altro dato importante, la diminuzione dell’incidenza pubblicitaria sul totale del fatturato: vent’anni fa rappresentava ben il 79% del totale, oggi la quota è scesa al 62%. Considerata la crescita degli investimenti pubblicitari (e quindi la relativa crescita dell’intero comparto), è un importante segnale di benessere del settore della comunicazione. (G.C. per NL)

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