Il Web 2.0, ossia l’evoluzione della rete che consente, attraverso varie applicazioni, uno spiccato livello di interazione sito-utente come blog, forum, chat e social network (esempi ne sono wikipedia, youtube, facebook), sta fornendo alle imprese nuovi mezzi per gestire la battaglia di promozione di prodotti, servizi e brand.
Si chiama buzz marketing e altro non è che l’attività di marketing online adottata dall’impresa finalizzata ad informare e far parlare del proprio prodotto o brand o servizio, creando una sorta di passa parola indotto. Attraverso questa azione commerciale non convenzionale l’azienda cerca di fornire agli utenti motivo per parlare dei propri prodotti, alimentando e facilitando conversazioni a questo attinenti. Tecnica più pressante è invece quella dell’astroturfing, variante del buzz marketing sotto il profilo strutturale: i consensi, infatti, non sono reali, ma vengono simulati. Sono le aziende produttrici del brand oggetto di campagna, nonché le lobby interessate a promuoverlo, che creano consensi artificiali e apparenti, lanciando discussioni sotto false identità o pagando qualcuno per farlo, con l’obiettivo di manipolare l’opinione degli utenti. In Italia il fenomeno dell’astroturfing è nella fase due: non è l’azienda che cerca di promuovere “dietro le quinte” il suo prodotto, ma attacca l’azienda concorrente per creare non più consensi attorno al prodotto, bensì un’opinione negativa. Scopo: minare la reputazione dell’antagonista e spingere il consumatore verso i propri prodotti. Le nuove strategie di marketing virtuale, incalzate dalle innovative tecnologie che consentono una maggiore interazione con gli utenti (aspetto complicatissimo fino a qualche anno fa) hanno tuttavia i loro risvolti negativi. Infatti, non tutto ciò che si scrive sul web sia esso di segno positivo o negativo, corrisponde alla realtà dei fatti e i danni che potrebbero derivare potrebbero essere maggiori di quanto si pensi in termini sia di reputazione che, di conseguenza, economici. Secondo Andrea Barchiesi, managing director presso Reputation Manager – società specializzata nel monitoraggio on line di brand e reputazioni di marchi e prodotti – il mercato si dovrebbe auto-regolamentare in quanto l’utente alla lunga si accorgerebbe di discussioni troppo “taroccate” nei forum. Le aziende, dal canto loro, stanno iniziando a utilizzare maggiormente gli strumenti interattivi che il web 2.0. mette a loro disposizione, al fine di accrescere la c.d. "costumer retention", ossia la fidelizzazione del consumatore, verso i propri prodotti, la quale dipende sempre più dal grado di interazione che è in grado di offrire all’utente. Esempi si rinvengono nel settore delle auto ove le case produttrici coinvolgono l’utente attraverso la prova su strada o l’allestimento virtuale del veicolo. La trasparenza gioca un ruolo fondamentale per radicare nel consumatore la fedeltà al marchio, anche se le difficoltà insite nella natura di tali mezzi, nonché la possibilità di effettuare un attento monitoraggio, rappresentano forti ostacoli. (M.C. per NL)