Caos totale in Libia per i mezzi d’informazione. Nella giornata di ieri il viceministro degli esteri libico Khaled Kaïm dichiarava di aver consentito l’accesso nel paese a tre equipe, della Cnn, di Al-Arabiya e della Bbc ed anche Saif al Islam, figlio del leader Gheddafi, parlando alla tv Al Libiya confermava che il suo paese era ormai “aperto ai giornalisti di tutto il mondo”.
In serata, infatti, anche una troupe del Tg 2 della RAI – come abbiamo riportato in altro articolo – varcava i confini del paese dall’Egitto per la Cirenaica ed inviava per l’edizione delle 20.30 inedite testimonianze. Ma la verità fa paura e per questo il regime ha intimorito la stampa internazionale avvertendo che i giornalisti entrati illegalmente in Libia saranno considerati come “collaboratori di al Qaeda” e “come dei fuorilegge”. E’ di oggi la dichiarazione dello stesso viceministro che taglia corto: “Ci sono dei giornalisti che sono entrati illegalmente e noi li consideriamo ormai come collaboratori di al Qaeda, come dei fuorilegge e non siamo responsabili per la loro sicurezza. E se non si presenteranno alle autorità saranno arrestati. Abbiamo autorizzato tre troupe di Cnn, al Arabiya e Bbc in arabo di entrare in Libia. Un corrispondente di Cnn che è entrato illegalmente deve unirsi alla troupe, altrimenti verrà arrestato”. Intanto, mentre i primi reporter arrivati a Bengasi hanno trovato una città in festa (le immagini sono state diffuse dalla Cnn), in tutta la Libia le linee telefoniche e Internet risultano inservibili: l’unico sistema di comunicazioni rimasto in piedi è quello degli sms, utilizzato dallo stesso governo libico per inviare un messaggio a tutti i cittadini invitandoli (sic!) a tornare a lavoro. Il black out delle telecomunicazioni non ha impedito comunque l’assistenza dell’Ambasciata italiana a Tripoli nei confronti dei nostri connazionali. Il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, ha spiegato che l’ambasciata è coadiuvata dall’Unità di crisi del Ministero degli Esteri, che ha inviato in Libia una squadra speciale guidata dal vice capo dell’Unità, Nicola Minasi, per affrontare la situazione sul terreno e rimanere in contatto con imprese e cittadini italiani in Libia 24 ore su 24. “Certo è che la difficoltà di comunicazione causata dall’interruzione dei servizi Internet e della rete mobile – ha sottolineato Massari – rende comunque complicate le operazioni di assistenza”. (R.R. per NL)