“If you like it, share it” (“se ti piace, condividilo”) recitava la prima pagina di un noto portale di Social Network, esponente di quella famiglia allargata di siti dove le proprie preferenze e, cosa ben più importante per ciò che andiamo a discutere, i propri suggerimenti non solo sono pubblici, ma spesso a disposizione dell’analisi di qualunque altro utente. E allo stesso modo sembrano obbligati ad agire anche i siti web di tutte quelle aziende che stanno progressivamente imparando a convertire il proprio mercato nella rispettiva versione online. La comunicazione digitale permette alle società, grandi o piccole che siano, di avere costantemente un feedback, immediato o quasi, con i consumatori, fatto questo che si traduce spesso in maggiore affidabilità del produttore, più interesse o curiosità per l’acquirente. Secondo David Weinberger, membro dell’Harvard Berman center for internet & society, sarebbe infatti questo il fulcro, dalle incredibili potenzialità, del marketing via web. Non a caso i numerosi internauti presenti sul pianeta sembrano acquistare, o anche solo desiderare, più facilmente un qualunque prodotto di cui si è discusso in un blog. Cercare l’articolo di un società il cui sito appare presumibilmente perfetto e chiaro, stimola l’utente alla ricerca della anomalia, dell’inghippo. La soluzione è il passaparola di blog, forum e siti non ufficiali, dove la comunicazione si instaura tra soggetti che non dovrebbero avere interessi commerciali nei confronti del potenziale acquirente. Questa è dunque la realtà con la quale devono fare i conti le aziende online, ragionevolmente confuse a causa dell’apparente instabilità dello stesso web, dove le regole possono cambiare ogni giorno, dove le gerarchie e gli organigrammi non hanno più utilità, dove il marketing è una guerra sempre più accesa e i consumatori diventano parte di un target sempre più definito. Dialogare con i consumatori diventa fondamentale, ma non tutti si sono ancora organizzati per farlo, soprattutto quando subentra quella grande sfida il cui fine ultimo è quello di stabilire un rapporto chiaro e trasparente con il cliente, per evitare di perderlo. È il caso di New York Times che, rinunciando ad una fetta significativa di business ha scelto di rendere gratuito qualunque contenuto dell’omonimo quotidiano online: “il web è così pieno di autorevoli opinioni che se NYT avesse continuato a far pagare gli abbonamenti una fetta di lettori avrebbe scelto di non rinnovare la sottoscrizione, causando alla testata perdita di credibilità”, prosegue David Weinberger per Marketing Oggi (giovedì 8 novembre, ndr). Il problema, naturalmente, non è solo quello di avere accesso a contenuti in modo free, piuttosto quello di riuscire a costruire un rapporto quasi confidenziale con l’utente, nella speranza di stabilire fiducia e stima nel produttore. L’opportunità del web rimane dunque una possibilità per ampliare il mercato e, importante, condividerlo, per rimanere nella più ampia e diffusa delle metodologie comunicative della rete. E proprio perché le strategie di marketing non sembrano avere limiti, che i più arguti direttori d’azienda trasformino i propri venditori porta-a-porta in blogger infiltrati su MySpace? (Marco Menoncello per NL)