L’ennesima tegola

tegola

Una tegola che, da anni, era lì lì per cadere, anche se nessuno ci faceva caso.
Dopo quella dei contributi, con l’inciampo nello scalino preferenziale al vaglio della Consulta, la conseguente riserva del 10% sui contributi da erogare in attesa della decisione finale e l’erogazione dei contributo 2023 alle commerciali limitata al 40% per la ricostituzione delle somme sul bilancio dello Stato dedicato, un’altra tegola cade sul Ministero delle imprese e del made in Italy.

Parliamo della tegola degli indennizzi alla rottamazione degli impianti DTT limitati. Un pasticcio che rischia di creare grandi grattacapi economico-finanziari al Ministero delle imprese e del made in Italy.

Le sentenze

Come ricorderanno i nostri attenti lettori, con due sentenze gemelle, il TAR Lazio, settimana scorsa, ha accolto altrettanti ricorsi di operatori di rete locali ad oggetto la legittimità del decreto interministeriale del 27/11/2020 (e dei successivi atti presupponenti) con il quale erano state individuate le modalità operative e le procedure per l’erogazione di indennizzi previsti dall’articolo 1, comma 1039 lettera b) della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) in favore dei network provider che avevano rilasciato le frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre nell’ambito della liberazione della banda 700 MHz.

I diritti d’uso limitati

In pratica, i giudici amministrativi hanno censurato i criteri in base ai quali il Ministero aveva liquidato gli indennizzi dei cd. “diritti d’uso limitati”.

Recap

Un recap dell’excursus è opportuno, data la portata della questione.
Le società ricorrenti erano titolari, prima del rilascio volontario delle frequenze, di diritti d’uso definitivi in tecnica digitale terrestre per bacini provinciali caratterizzati da limitazioni di servizio insistenti sugli impianti eserciti.

Le previsioni del decreto interministeriale

Il decreto interministeriale sottoposto all’esame giudiziale, nell’individuare in premessa i criteri di attribuzione degli indennizzi previsti in favore degli operatori di rete in ambito locale, ad avviso delle ricorrenti, assegnava “decisivo rilievo al dato della popolazione residente nella provincia, come del resto confermato dal contenuto dell’art. 3, commi 9 e 10″.

Parametro di riferimento

Il quale “assume tale dato quale parametro di riferimento per la determinazione dell’indennizzo da erogare alle emittenti titolari di un diritto d’uso completo”.

L’ancora dei diritti d’uso limitati

Il successivo comma 11 dell’art. 3, tuttavia, stabiliva per gli operatori titolari di un diritto d’uso limitato, come quello delle ricorrenti, un diverso criterio di quantificazione dell’indennizzo ancorandolo al dato della popolazione residente nei comuni nei quali sono situati gli impianti.

Disparita di trattamento

Ciò conduceva ad un’irragionevole disparità di trattamento tra gli operatori, con, secondo le ricorrenti, “conseguente illegittimità del citato comma 11”.

La posizione del Ministero

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, costituitosi in giudizio, aveva chiesto il rigetto dei ricorsi evidenziando che nel citato decreto interministeriale non vi sarebbe stato alcun riferimento alla “copertura effettiva dell’impianto” come parametro di riferimento dei criteri di liquidazione dell’indennizzo.

Le valutazioni del TAR

L’organo giurisdizionale adito, ha invece ritenuto sussistente “il lamentato vizio di eccesso di potere, per contraddittorietà intrinseca e manifesta irragionevolezza dell’art. 3, co. 11, del DM 27/11/2020, che, nello stabilire un diverso criterio di determinazione degli indennizzi per il rilascio volontario delle frequenze d’uso da parte delle emittenti titolari di un diritto d’uso limitato, realizza un’indebita disparità di trattamento con gli operatori privi di tale limitazione”.

I criteri

Nel proprio esame, i giudici amministrativi hanno richiamato i criteri seguiti nella determinazione dell’indennizzo facendo esplicito riferimento alla necessità di:
– «dover quantificare l’indennizzo da riconoscere agli operatori di rete locali in base alla popolazione residente nelle province oggetto di ciascun diritto d’uso»;
– «dover indennizzare operatori che, servendo territori ortograficamente complessi, hanno dovuto realizzare reti costituite da un numero elevato di impianti, affrontando, rispetto ad altri operatori, costi maggiori a parità di popolazione servita»;
– «tenere conto sia della popolazione residente nelle province oggetto del diritto d’uso che del numero di impianti legittimamente eserciti operanti sulla frequenza da rilasciare oggetto del diritto d’uso».

Il principio generale

E proprio da tali premesse il TAR ha tratto il principio, di ordine generale, in base al quale la misura dell’indennizzo avrebbe dovuto calcolarsi.

Non avulso dalla realtà demografica

Tenendo in considerazione la popolazione residente nelle province oggetto dei diritti d’uso e degli eventuali maggiori costi sostenuti dagli operatori che avevano attivato più impianti, a parità di popolazione servita.

Art 13. c. 9

“Tale principio trova conferma nell’art. 13, comma 9 («Nel caso di diritto d’uso con uso esclusivo della frequenza su tutto il territorio di una o più province (c.d. diritto d’uso completo), ai fini della quantificazione del relativo indennizzo, verrà considerato il valore della popolazione residente, di cui al precedente comma 5, nelle province oggetto del diritto d’uso»)”, si legge nelle sentenze.

Art. 10

Ma la linea tracciante, secondo i giudici amministrativi, si rinviene anche “nell’art 10 («Nel caso in cui sulla medesima provincia e sulla medesima frequenza siano presenti più operatori di rete titolari di diritto d’uso o di autorizzazione temporanea, ovvero nel caso di titolo autorizzatorio limitato ad un territorio non coincidente con quello delle circoscrizioni amministrative (c.d. diritto d’uso limitato), il calcolo della popolazione ai fini della quantificazione del relativo indennizzo, sarà effettuato dividendo il numero totale degli abitanti di tale provincia fra tutti gli operatori di rete titolari di diritto d’uso o di autorizzazione temporanea presenti sulla medesima frequenza»), ove il dato della popolazione residente nella provincia assume rilievo centrale ai fini della quantificazione dell’indennizzo”.

La deroga

Tale criterio di determinazione, ricordano i giudici, è tuttavia derogato dal successivo comma 11, in base al quale «nel caso in cui in una provincia sia presente un solo operatore titolare di diritto d’uso limitato, esercito con più impianti, ai fini della quantificazione del relativo indennizzo verrà considerata la popolazione residente nei comuni nei quali sono situati gli impianti».

Criterio avulso dal sistema tratteggiato dal decreto

In sostanza, il comma in esame contempla un criterio completamente avulso dal sistema tratteggiato dal decreto, che nelle petizioni di principio sembra riconoscere assoluta rilevanza alla popolazione residente nella provincia, con conseguente contraddittorietà intrinseca (in parte qua) del decreto impugnato.

Irragionevolezza evidente

Non solo, secondo i giudici, “L’irragionevolezza della disposizione emerge in modo ancor più evidente se si considera l’evidente disparità di trattamento che deriva dall’applicazione dei sui indicati criteri di determinazione dell’indennizzo”.

Illogicità

“Un operatore con diritto d’uso completo sulla provincia, anche se titolare di un impianto con una limitata area di copertura del segnale, riceve un trattamento più favorevole rispetto a un’emittente titolare di diritto d’uso limitato, ma dotata di impianti con un’area di copertura più estesa del primo”, sottolineano nelle sentenze i giudici del TAR.

Posizioni del Ministero non condivise dal TAR

Non condivisibili, quindi, sono apparse al Collegio giudicante le argomentazioni opposte dal Ministero e secondo le quali il criterio della copertura effettiva degli impianti, invocato dalle ricorrenti e non contemplato dal decreto, “incontrerebbe difficoltà applicative (in quanto suscettibile di modifiche e contestazioni di varia natura) e non garantirebbe le necessarie esigenze di speditezza della procedura di liquidazione dell’indennizzo”.

I rilievi del TAR

Sul punto i giudici hanno tenuto ad evidenziare, in primo luogo, “che il dato della popolazione servita non appare completamente estraneo al contenuto del decreto in parola che, come sopra evidenziato, viene dal medesimo richiamato in relazione alla necessità di dover indennizzare gli operatori che, servendo territori ortograficamente complessi, hanno dovuto realizzare reti costituite da un numero elevato di impianti”.

Fretta ministeriale cattiva consigliera

Secondariamente, il Giudice Amministrativo ha ritenuto che “l’interesse pubblico a una celere definizione delle procedure di liquidazione degli indennizzi non possa in alcun modo giustificare una disparità di trattamento tra gli operatori e, dunque, una compressione del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione”.

Amministrazione vincolata ad individuare un criterio di liquidazione coerente con la ratio della disciplina generale

In conclusione, l’accoglimento del ricorso colpisce con la sanzione dell’annullamento l’art. 3, co. 11, del DM 27/11/2020, obbligando l’Amministrazione, “in sede di riedizione del potere”, ad individuare un criterio di liquidazione dell’indennizzo coerente con la ratio della disciplina generale adottata.

L’occhio sulla tegola…

In ciò si concreta l’ennesima tegola caduta sul Ministero delle imprese e del made in Italy.

… non sistemata a suo tempo

Una tegola che, dicevamo in apertura, era evidente da subito che necessitava di essere sistemata.

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