Le professioni e l’esame di Stato: il giudizio negativo va motivato

Il dlgs sul concorso notarile corregge il Consiglio di Stato. Vincono i Tar – Analisi di Franco Abruzzo – presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia


Indice
Premessa. E’ svolta con il dlgs 166/2006: “Il giudizio di non idoneità è motivato”.
La “legge omnibus” n. 168/2005 riconosce (all’articolo 4) l’automatica abilitazione professionale ai candidati che abbiano superato le prove d’esame a seguito di ammissione o di ripetizione della valutazione derivanti da provvedimenti giurisdizionali.
La lunga battaglia Tar-Consiglio di Stato sull’articolo 3 della legge 241/1990.
Tar Lombardia: decida la Corte costituzionale
La Corte costituzionale risponde: la questione è palesemente inammissibile.
Corte costituzionale: il giudice ha il dovere di seguire l’interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali.
Consiglio di Stato-sentenza n. 5108/2003: basta il punteggio numerico
Sentenza 6160/2000 della IV sezione del Consiglio di Stato: “Sindacabile la discrezionalità, che non è sinonimo di arbitrarietà”.
Consiglio di Stato: quando i tempi medi della correzione degli elaborati sono molto esigui, l’operato dell’organo di esame va ritenuto illegittimo.
(In coda articolo di Massimo Occhiena su “Il Sole 24 Ore” del 30 agosto 2006 dal titolo “Esami per l’Albo, contrasto tra giudici”)

Premessa. E’ svolta con il dlgs 166/2006: “Il giudizio di non idoneità è motivato”.
Gli esami di Stato delle professioni intellettuali subiscono una riforma radicale nel senso che il legislatore delegante si è preoccupato, dopo 20 anni di sentenze opposte tra alcuni Tar (in particolare Milano-gestione Mariuzzo, Ancona, Bologna, Brescia, Lecce, Latina e Venezia) e il Consiglio di Stato, di imporre la motivazione in tema di giudizi negativi degli elaborati scritti e delle prove orali. Due articoli (11 e 12) del dlgs 24 aprile 2006 n. 166 (Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale) hanno ribaltato la linea consolidata del Consiglio di Stato secondo la quale l’onere di motivazione in riferimento alla valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico o di una procedura selettiva per il conseguimento dell’idoneità per l’iscrizione negli albi e collegi professionali è di regola sufficientemente adempiuto con la sola attribuzione del punteggio numerico, essendo questa una espressione sintetica, ma eloquente, della valutazione compiuta dalla commissione. Palazzo Spada, con cocciuta pervicacia, ha di fatto disapplicato per oltre 15 anni il primo comma dell’articolo 3 della legge 241/1990 (“Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”).
Il quinto comma dell’articolo 11 (Correzione delle prove scritte) del dlgs sul concorso notarile afferma: “Il giudizio di non idoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione”, mentre il quinto comma dell’articolo 12 (Svolgimento delle prove orali) ribadisce: “La mancata approvazione è motivata. Nel caso di valutazione positiva il punteggio vale motivazione”.
Le norme, di cui agli articoli 11 e 12 dlgs 166/2006 non possono essere considerate di carattere settoriale e derogatorio. Lo impedisce l’articolo 3 della Costituzione: non ci possono essere comportamenti difformi nella pubblica amministrazione, obbligata peraltro alla trasparenza e all’imparzialità. Finora era la giurisprudenza (del Consiglio di Stato) ad avere imposto una lettura distorta dell’articolo 3 della legge 241/1990. Oggi gli articoli 11 e 12 del dlgs 166/2006 valgono almeno come orientamento nella interpretazione “autentica” dello stesso articolo 3 della legge 241/1990. In sostanze le bocciature allo scritto e all’orale devono essere motivate. Gli aspiranti professionisti hanno diritto di conoscere le valutazioni negative delle Commissioni d’esame anche per trarne un insegnamento per le prove future.

La “legge omnibus” n. 168/2005 riconosce (all’articolo 4) l’automatica abilitazione professionale ai candidati che abbiano superato le prove d’esame a seguito di ammissione o di ripetizione della valutazione derivanti da provvedimenti giurisdizionali.
Nel giro di un anno gli esami di Stato hanno subito cambiamenti profondi. La “legge omnibus” (n. 168/2005 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2005) ha inciso sugli esami di Stato, soprattutto quando emergono disparità di trattamento nelle prove scritte. In breve il candidato, che supera le prove orali, anche se l’ammissione è stata decisa da ordinanze dei Tar, “consegue a ogni effetto” l’abilitazione professionale.
La legge di conversione (con modificazioni) del decreto legge 30 giugno 2005 n. 115 (meglio noto come “decreto legge omnibus”), approvata il 20 luglio 2005 dal Senato e il 30 luglio dalla Camera in via definitiva, pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale” n. 194/2005 come legge 17 agosto 2005 n. 168, contiene un norma destinata a pesare sugli esami di Stato di tutte le professioni intellettuali (in particolare di quelle di avvocato, notaio, commercialista ed architetto, le più bersagliate di ricorsi ai Tar e al Consiglio di Stato). La legge interviene in sostanza sulle modalità di svolgimento degli esami, stabilendo che “conseguono a ogni effetto l’abilitazione professionale i candidati in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte e orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.
Questa esplosiva novità è contenuta nel terzo comma (“2-bis”) dell’articolo 4 del provvedimento legislativo. I primi due commi regolano le elezioni degli Ordini professionali inquadrati dal Dpr 328/2001, mentre il terzo comma detta “disposizioni in materia di abilitazioni e di titolo professionale” come annuncia la rubrica dell’articolo 4 della legge di conversione. Questo terzo comma, quindi, riguarda, come si evince anche dai lavori parlamentari, gli esami di tutte le professioni, anche di quelle non regolate (come gli avvocati, i medici, i consulenti del lavoro e i giornalisti) dal Dpr 328/2001.
Questa normativa riguarda soprattutto i candidati, che abbiano ottenuto l’iscrizione con riserva nell’Albo dopo aver superato le prove orali dell’esame di Stato anche a seguito di provvedimenti cautelari dei Tar e del Consiglio di Stato, che hanno ammesso gli stessi alla prova orale senza aver disposto “il riesame degli elaborati scritti da parte di una Sottocommissione diversa da quella che ha formulato il giudizio negativo impugnato”. Il terzo comma dell’articolo 4 della legge n. 168/2005 non ammette interpretazioni diverse. L’iscrizione temporanea in sostanza diventa definitiva, anche perché di fatto la nuova legge suggerisce che la prova orale (positiva) abbia assorbito quella scritta ( il cui giudizio negativo sia stato fulminato dalle ordinanze dei Tar e del Consiglio di Stato). Si tratta di casi in cui i Tar e il Consiglio di Stato hanno accertato che gli elaborati, corretti in tempi minimi, avevano subito un trattamento negativo rispetto ad elaborati di identica “qualità” giudicati, invece, positivamente. E’ risultato decisiva l’acquisizione degli elaborati valutati positivamente e corretti dalla stessa Commissione (magari nella stessa giornata).

La lunga battaglia Tar-Consiglio di Stato sull’articolo 3 della legge 241/1990.
E’ il caso di ripercorrere, sia pure sinteticamente, la lunga battaglia tra Tar e Consiglio di Stato sull’articolo 3 della legge 241/1990, cioè sulla motivazione dei punteggi insufficienti nelle prove scritte degli esami di Stato (degli avvocati in primis):

La valutazione degli aspiranti procuratori leali, essendo finalizzata a verificare il possesso da parte dei candidati delle necessarie conoscenze di base di diritto sostanziale e processuale, desumibili dalla correttezza giuridica delle soluzioni date alle questioni oggetto delle prove scritte, non può essere sorretta da un mero punteggio numerico (idoneo, di per sé. ad esprimere soltanto un apprezzamento di valore del candidato esaminato, ma non ad esternare le rioni che ne hanno giustificato l’attribuzione), richiedendosi l’espressione di un giudizio, sia pure sintetico, ma idoneo a dare conto della negatività della valutazione, con riguardo alla gravità delle lacune dimostrate nella preparazione richiesta (Tar Marche, 12.02.1993, n. 66, in Giur. Merito, 1993, 408 ss., e in Giust. Civ., 1993, 1, 1140 ss).

E’ illegittimo il giudizio di non ammissione di un candidato alla prova orale (nella specie, per gli esami di abilitazione all’esercizio della professione di procuratore legale) qualora – in disparte la considerazione che la particolare ed elevatissima qualificazione dell’esame impone complesse valutazioni, difficilmente sintetizzabili nel solo voto numerico – esso, peraltro espresso sulla base di astratti criteri di valutazione caratterizzati da genericità, appaia inidoneo ad esplicitare l’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità predeterminati dalla commissione e, perciò, tale da non esprimere assolutamente le ragioni della valutazione (Tar Puglia, sez. I Lecce, 27 marzo 1996, n. 120; Parti in causa Messuti c. Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1996, 3464, n. Colzi).

Il giudizio espresso da una commissione giudicatrice sulla prova scritta di un candidato agli esami per l’iscrizione nell’albo di procuratore legale è soggetto all’obbligo di motivazione ex art. 3
l. 7 agosto 1990 n. 241, che non può ritenersi soddisfatto con l’attribuzione di un semplice voto numerico (Tar. Lombardia, sez. III Milano, 29 giugno 1996, n. 890; Riviste: Foro Amm., 1997, 523; Rif. Legislativi L 7 agosto 1990 n. 241, art. 3).

Anche in materia di esami di abilitazione alla professione di avvocato la non ammissione alle prove orali deve fondarsi su una motivazione che, ai sensi dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, ponga il destinatario del provvedimento nella condizione di ricostruire l’iter logico seguito dalla commissione esaminatrice, la quale non può limitarsi alla mera indicazione dei voti numerici assegnati alle prove scritte che, nella fattispecie, risultano essere di alta difficoltà tecnica e comportanti la soluzione di complesse questioni giuridiche specie quando tali prove appaiono anche essere state oggetto di una sommaria lettura, dal momento che gli elaborati acquisiti a seguito di istruttoria non portano segni di correzione o annotazioni che possano quanto meno consentire l’individuazione di specifici argomenti sui quali la commissione abbia soffermato negativamente la sua attenzione (Tar. Lazio, Latina, 5 marzo 1999, n. 188; Parti in causa Pesce c. Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1999, 1084; Rif. legislativi L 7 agosto 1990 n. 241, art. 3).

Nonostante il contrario orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, la Commissione dell’esame di avvocato, secondo costante giurisprudenza, non può valutare, nel rispetto dell’art. 3, L. 7 agosto 1990, n. 241, le prove mediante una semplice espressione numerica, ma deve motivare adeguatamente il giudizio di insufficienza onde permettere la ricostruzione dell’iter valutativo e il suo assoggettamento al controllo giurisdizionale. (T.A.R. Lombardia Brescia 15-03-2003, n. 329; Malcangi c. Ministero giustizia e altri; FONTI Massima redazionale, 2003)

Tar Lombardia: decida la Corte costituzionale. Va sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 241/1990, il quale prevede un obbligo di puntuale motivazione per tutti gli atti amministrativi, nella parte in cui – secondo l’interpretazione datane dal Consiglio di Stato (v. in part. il parere 9 novembre 1995, n. 120 reso dall’Adunanza Generale) – non si applicherebbe alla valutazione delle prove scritte previste per concorsi pubblici ed in particolare a quelle previste per l’accesso alla professione di avvocato, essendo stato ritenuto sufficiente che la valutazione delle dette prove sia espressa solo con coefficienti numerici.
Tale interpretazione, infatti, sembra contrastare:
a) con l’art. 3 Cost. perché non appare ragionevole una disposizione normativa inserita nella legge generale sul procedimento amministrativo che, mentre consacra il generale principio dell’obbligo di motivazione, tra l’altro facendo specifico riferimento a “lo svolgimento dei pubblici concorsi”, ne esclude l’applicazione a categorie di atti (nella specie i giudizi sugli esami d’abilitazione) rispetto ai quali l’esigenza dei destinatari di conoscere, attraverso un’idonea motivazione, le concrete ragioni poste a fondamento della loro adozione non è diversa, né minore di quella dei soggetti interessati agli altri atti amministrativi, se del caso egualmente esprimenti valutazioni di natura tecnica, sicuramente vincolati all’osservanza della norma;
b) con gli artt. 24 e 113 Cost., perché la non soggezione all’obbligo di motivazione dei giudizi d’esame di cui si discute, traducendosi nell’impossibilità per il singolo candidato bocciato di conoscere e controllare le ragioni poste a base del giudizio negativo, interdice ogni concreta tutela nella già assai limitata sede della giurisdizione di legittimità, in cui al giudice amministrativo è consentito il solo riscontro dell’iter logico delle valutazioni di merito compiute dalle commissioni esaminatrici; quando, al contrario, anche tale limitato sindacato viene precluso di fronte al mero dato numerico del voto, non illustrato, cioè spiegato da una almeno sintetica, ma concreta, motivazione, la tutela così consentita dall’ordinamento si riduce al solo riscontro di profili estrinseci e formali, quali quelli inerenti al rispetto delle garanzie connesse alla collegialità dell’organo giudicante ed alla sua composizione con una cospicua riduzione del tasso di effettività dei giudizi nella sede generale della legittimità;
c) con l’art. 97 Cost. perché la sottrazione di una categoria di atti all’obbligo di motivazione appare confliggente sia con il principio di imparzialità (evidentemente meno garantito da un giudizio espresso in forma solo numerica), sia con il principio di buon andamento dell’amministrazione, che in un ordinamento modernamente democratico si traduce anche nella piena trasparenza dell’azione amministrativa; né le esigenze di snellezza e speditezza del procedimento, pure riconducibili al principio di buon andamento ex art. 97 Cost. e che sono pianamente percepibili nel già ricordato avviso dell’Adunanza generale, possono essere ritenute prevalenti rispetto all’inderogabile necessità di assicurare il più corretto rapporto tra cittadino e amministrazione pubblica, essendo invece diversamente tutelabili attraverso un’applicazione del principio dell’obbligo di motivazione ragionevole e proporzionato ai richiamati obiettivi di trasparenza e di tutela (Tar Lombardia – Milano, Sez. III – Ordinanza 7 febbraio 2000 n. 30 – Pres. ed Est. Mariuzzo).

La Corte costituzionale risponde: la questione è palesemente inammissibile, perché essa non è in realtà diretta a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio tentativo di ottenere l’avallo a favore di una determinata interpretazione della norma, attività, questa, rimessa al giudice di merito, tanto più in presenza di indirizzi giurisprudenziali non stabilizzati.
E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale – sollevata dal Tar per la Lombardia, Sez. III, in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione – dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella parte in cui – secondo l’interpretazione datane dal Consiglio di Stato – non prevederebbe l’obbligo di motivazione per i giudizi d’esame. La questione è palesemente inammissibile, perché essa non è in realtà diretta a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio tentativo di ottenere l’avallo della Corte costituzionale a favore di una determinata interpretazione della norma, attività, questa, rimessa al giudice di merito (Corte Cost., ord. nn. 70 del 1998 e 436 del 1996), tanto più in presenza di indirizzi giurisprudenziali non stabilizzati (Corte Cost., sent. n. 350 del 1997). (Corte costituzionale – Ordinanza 3 novembre 2000 n. 466. La Consulta ha deciso di non decidere sulla questione del voto numerico anche con la sentenza14.11.2005 n° 419).

Corte costituzionale: il giudice ha il dovere di seguire l’interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali.
“Pur essendo indubbio che nel vigente sistema non sussiste un obbligo per il giudice di merito di conformarsi agli orientamenti della Corte di Cassazione (salvo che nel giudizio di rinvio), è altrettanto vero che quando questi orientamenti sono stabilmente consolidati nella giurisprudenza – al punto da acquisire i connotati del “diritto vivente” – è ben possibile che la norma, come interpretata dalla Corte di legittimità e dai giudici di merito, venga sottoposta a scrutinio di costituzionalità, poiché la norma vive ormai nell’ordinamento in modo così radicato che è difficilmente ipotizzabile una modifica del sistema senza l’intervento del legislatore o di questa Corte. In presenza di un diritto vivente non condiviso dal giudice a quo perché ritenuto costituzionalmente illegittimo, questi ha la facoltà di optare tra l’azione, sempre consentita, di una diversa interpretazione, oppure – adeguandosi al diritto vivente – la proposizione della questione a questa Corte; mentre è in assenza di un contrario diritto vivente che il giudice rimettente ha il dovere di seguire l’interpretazione ritenuta più adeguata ai principi costituzionali (cfr., ex plurimis, sentenze n. 226/1994, n. 296/1995 e n. 307/1996)”. (Corte costituzionale, sentenza n. 350/1997)

Consiglio di Stato-sentenza n. 5108/2003: basta il punteggio numerico. L’onere di motivazione in riferimento alla valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico o di una procedura selettiva per il conseguimento dell’idoneità per l’iscrizione negli albi e collegi professionali è di regola sufficientemente adempiuto con la sola attribuzione del punteggio numerico, essendo questa una espressione sintetica, ma eloquente, della valutazione compiuta dalla commissione (nella specie esame per l’idoneità all’esercizio della professione di avvocato). (Cons. Stato Sez. IV 15-09-2003, n. 5108; Ministero giustizia c. L.; FONTI Foro Amm. CDS, 2003, 2532).
(Questa linea è stata successivamente ribadita dalla IV sezione del Consiglio di Stato, in maniera secca, con le sentenze 5175/2004 e 6155/2004 nonché dalla V sezione con le sentenze 8095/2004 e 4165/2005; quest’ultima afferma in maniera brutale quanto concisa: “Il semplice voto in forma numerica attribuito dalle Commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame di abilitazione è sufficiente”).

Sentenza 6160/2000 della IV sezione del Consiglio di Stato: “Sindacabile la discrezionalità, che non è sinonimo di arbitrarietà”. Il Cds, dopo l’ordinanza della Consulta sull’articolo 3 della legge 241/1990, ha, con questa decisione, razionalizzato il suo pensiero sulla correzione degli elaborati dei concorsi pubblici.Scrive il Cds:
“II.3. Circa le doglianze svolte dall’appellante circa la negativa valutazione delle prove scritte, il Collegio ritiene di dover osservare quanto segue.
E’ notorio che la valutazione delle prove di esame da parte delle commissioni esaminatrici di concorsi a pubblici impieghi è espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui esse dispongono nello stabilire l’idoneità tecnica e culturale dei candidati.
Poiché discrezionalità non è sinonimo di arbitrarietà, il relativo esercizio è stato ritenuto sindacabile sotto il profilo dell’eccesso di potere (C.d.S., Sez. IV, 8 settembre 1997 n. 955), per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento (C.d.S., Sez. IV, 24 marzo 1997 n. 298): tuttavia nessuno di tali profili è stato rilevato in prime cure.
Invero l’appellante ha lamentato che la valutazione contestata era affetta da una (presunta) carenza di motivazione in quanto il voto numerico assegnato dalla Commissione esaminatrice non era in grado di far capire l’iter logico – giuridico seguito dalla commissione nella correzione degli elaborati per addivenire ad una valutazione così negativa.
Così formulato il motivo è stato giustamente respinto dai primi giudici.
E’ stato ripetutamente affermato che anche dopo l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 l’onere di motivazione delle prove scritte di un concorso pubblico è sufficientemente adempiuto con la sola attribuzione del punteggio numerico, quest’ultima essendo una espressione sintetica, ma eloquente della valutazione compiuta dalla commissione: con la conseguenza che se, per un verso, non vi è alcun bisogno di integrare il punteggio numerico con una apposita motivazione (C.d.S., Sez. IV, 4 aprile 1998 n. 543), un obbligo di motivazione ad integrazione del punteggio si pone solo nel caso in cui vi sia un contrasto talmente rilevante fra i punteggi attribuiti dai componenti della commissione da configurare un’eventuale contraddittorietà intrinseca del giudizio complessivo (C.d.S., Sez. VI, 13 gennaio 1999 n. 14)” (Il Sole 24 Ore del 16 dicembre 2000).

Consiglio di Stato: quando i tempi medi della correzione degli elaborati sono molto esigui, l’operato dell’organo di esame va ritenuto illegittimo. Una volta verificati, sulla base delle attestazioni contenute nei verbali dei lavori della commissione giudicatrice di un pubblico concorso, i tempi medi utilizzati per la correzione e valutazione dei singoli elaborati, qualora il tempo impiegato risulti talmente esiguo da far dubitare che sia stato materialmente impossibile l’adeguato assolvimento dei prescritti adempimenti e dell’espressione ponderata dei giudizi sulla valenza delle prove, l’operato dell’organo di esame va ritenuto illegittimo (Cons. Stato, sez. IV, decisione 7 marzo – 22 maggio 2000, n. 2915, in Guida dir., 1 luglio 2000 n. 24, con nota dì G. Manzi. E’ superato così un precedente orientamento contrario, ancora affermato da Cons. Stato, sez. IV, 09.12.1997, n. 1348)

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FONTE NORMATIVA
D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 166. Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell’articolo 7, comma 1, della L. 28 novembre 2005, n. 246. (G.U. 10 maggio 2006 n. 107).

Articolo 11. Correzione delle prove scritte.
1. La sottocommissione di cui all’articolo 10 procede, collegialmente e nella medesima seduta, alla lettura dei temi di ciascun candidato, al fine di esprimere un giudizio complessivo di idoneità per l’ammissione alla prova orale.
2. Salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita l’idoneità.
3. Il giudizio di idoneità comporta l’attribuzione del voto minimo di trentacinque punti a ciascuna delle tre prove scritte.
4. In caso di idoneità, la sottocommissione assegna, in base ai voti di ciascun commissario, il punteggio complessivo da attribuire a ciascuna prova scritta fino ad un massimo di punti cinquanta. A tale fine, ciascun commissario dispone di un voto da zero a tre punti.
5. Il giudizio di non idoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.
6. Il segretario annota la votazione complessiva o la motivazione, facendola risultare dal processo verbale, per ciascun elaborato.
7. Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi.

Articolo 12. Svolgimento delle prove orali.
1. La commissione del concorso per notaio, prima dell’inizio delle prove orali, definisce i criteri di valutazione delle prove.
2. L’esame orale è pubblico.
3. Il presidente, in ogni seduta, indica le materie su cui ciascun commissario interroga i candidati, restando ferma la facoltà di ogni membro della sottocommissione di intervenire su qualunque materia.
4. La sottocommissione, terminata la prova orale di ogni singolo candidato, assegna, in base ai voti di ciascun commissario, il punteggio fino ad un massimo di cinquanta punti a ciascun gruppo di materie. A tale fine, ciascun commissario dispone di un voto da zero a dieci punti. Per il superamento della prova orale è richiesto un punteggio minimo di trentacinque punti per ciascun gruppo di materie.
5. La mancata approvazione è motivata. Nel caso di valutazione positiva il punteggio vale motivazione.
6. Il segretario annota la votazione o la motivazione per ciascun gruppo di materie, facendola risultare dal processo verbale.

Milano 30 agosto 2006 – Franco Abruzzo ([email protected])
…………………………………….

IL SOLE 24 ORE del 30 agosto 2006
Selezioni. Pareri diversi da Consiglio di Stato e Tar sulla necessità di indicare la motivazione
Esami per l’Albo, contrasto tra giudici
Per garantire celerità e trasparenza Palazzo Spada ha suggerito di fissare la corrispondenza tra il voto e il giudizio

di Massimo Occhiena
Bocciato dalla commissione, promosso dal Tar, bocciato dal Consiglio di Stato. È la sorte che può toccare a chi ricorre alla giustizia amministrativa adducendo l’illegittimità della mancata motivazione dei voti negativi conseguiti in un concorso o esame pubblico.
Secondo un orientamento del Tar (si veda «Il Sole-24 Ore» del 25 agosto), i voti delle prove scritte o orali dei concorsi o degli esami pubblici devono essere puntualmente motivati, ossia “spiegati” da un giudizio per esteso (sentenza Tar Veneto 2307/2006). Ciò per rispettare il principio di trasparenza correlato al dovere di motivazione degli atti amministrativi (articolo 3, legge 241/90). Infatti, il voto numerico o alfanumerico manifesterebbe il risultato del giudizio negativo e non le ragioni della bocciatura, che il candidato può conoscere solo se il voto è accompagnato dalla spiegazione dei motivi che lo hanno determinato.
Il Consiglio di Stato afferma invece che il punteggio non ha bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, trattandosi di motivazione sintetica (tra le ultime, Consiglio di Stato, sezione IV, 4687/06; sezione VI, 4391/06; sezione IV, 4156/06). Due i principali argomenti a sostegno:
– la necessità di contemperare il principio di economicità e di celerità dell’azione amministrativa con quello della trasparenza;
– l’inutilità ai fini della tutela giurisdizionale della motivazione dei punteggi: in quanto espressione di discrezionalità tecnica, i giudizi delle commissioni d’esame o di concorso non potrebbero essere sindacati nel merito dal giudice amministrativo.
Mitigando la rigidità di tale interpretazione, in alcune decisioni (Consiglio di Stato, sezione V, 8095/04) i giudici di Palazzo Spada richiedono alle commissioni concorsuali di fissare una “griglia di valutazioni”, prestabilendo per ogni punteggio un giudizio standard. In questo modo, dal voto può risalirsi al corrispondente giudizio e, quindi, alla motivazione (combinazione modulare).
Il contrasto giurisprudenziale va avanti da tempo. Né il legislatore fornisce indicazioni decisive: anche se in ultimo sembra prospettarsi una preferenza per il dovere di motivazione (almeno per i giudizi negativi: si veda il decreto legislativo 166/06 sul concorso notarile), la disciplina è variegata. I Tar Lombardia, Puglia ed Emilia-Romagna hanno pure sollecitato l’intervento della Corte costituzionale. Ma senza successo: rifiutando il ruolo di arbitro dei contrasti giurisprudenziali, la Consulta ha adottato cinque ordinanze di inammissibilità (466/00, 233/01, 419 e 420/05, 28/06).
Il conflitto genera incertezze applicative, disparità di trattamento, aumento del contenzioso, alimentato anche dall’articolo 4 del Dl 115/05 (convertito dalla legge 168/05). Superando le resistenze della Cassazione (sezioni unite 11750/04), la norma riconosce l’automatica abilitazione professionale ai candidati che abbiano superato le prove d’esame a seguito di ammissione o di ripetizione della valutazione derivanti da provvedimenti giurisdizionali.
Per quanto difficile, un indirizzo interpretativo unitario deve essere trovato, se necessario ricorrendo all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Ma quale soluzione adottare? I concorsi e gli esami di Stato sono tanti e tutti molto affollati; al contempo, le commissioni (pagate poco e male) devono fare in fretta. Volendo garantire la celerità, il Consiglio di Stato finisce tuttavia con il legittimare valutazioni veloci, che rischiano di essere superficiali. Se l’amministrazione è “casa di vetro”, non può non esserlo proprio nei concorsi ed esami: la trasparenza va a beneficio di chi vi prende parte e della collettività.
E poi, tecnicamente, l’esercizio della discrezionalità tecnica non esclude la motivazione: per tutelare i cittadini, le decisioni amministrative non possono sfuggire al controllo giurisdizionale. Per soddisfare tutte queste esigenze, si potrebbe applicare la “combinazione modulare”. Ne conseguirebbe anche il dovere di motivare le prove valutate positivamente, rendendo più semplice l’emersione delle ipotesi di disparità di trattamento.
Infine, pare auspicabile che le commissioni segnalino gli errori apponendo segni e correzioni sugli elaborati, così da rendere meglio comprensibili le ragioni del voto. Ciò potrebbe servire anche al giudice amministrativo (che dopo la legge 205/00 può avvalersi della consulenza tecnica di ufficio) per valutare la correttezza della bocciatura. Ma per questo bisognerà attendere: i tempi per il sindacato diretto della discrezionalità tecnica non sembrano ancora maturi. (NL)

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